Intervista a Damon & Naomi (2010)

Il ricordo dei Galaxie 500 ma soprattutto il desiderio di ricominciare daccapo. Intervista a Damon & Naomi del 2010 di Luca D’Ambrosio.

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Il ricordo dei Galaxie 500 e l’amaro retrogusto di uno scioglimento improvviso e inaspettato. L’amore per l’arte e la letteratura ma soprattutto quel desiderio incondizionato di ricominciare daccapo e di voler tornare a fare ciò che, in realtà, non avevano e non hanno mai smesso di fare: scrivere canzoni. Di questo e di altro abbiamo parlato con Damon Krukowski e Naomi Yang. Buona lettura.

Intervista a Damon & Naomi, 2010© di Luca D’Ambrosio

È inevitabile iniziare con qualche domanda sui Galaxie 500. Che ricordo conservate di quel periodo e cosa portate con voi, ancora oggi, di quella straordinaria esperienza, soprattutto nella vostra musica?
(Damon) Riguardo ai Galaxie 500, è semplicemente successo. Eravamo giovani e tutti amici, provammo a suonare insieme e rimanemmo sorpresi e felici per quello che facevamo e che ci sembrava abbastanza buono da suonare per gli altri. Non è possibile riprodurre quel tipo di innocenza, anche se abbiamo trovato che è possibile riprodurre lo stesso entusiasmo della sperimentazione nella musica ma solo attraverso altri mezzi. Forse successivamente ci vuole conoscenza piuttosto che innocenza.

Pensi che i Galaxie 500 abbiano avuto un peso non indifferente all’inizio della vostra seconda vita artistica, specialmente dopo lo scioglimento improvviso della band dovuto alla fuoriuscita di Dean Wareham? Immagino che non sia stato affatto facile per voi trovare il coraggio di riniziare daccapo. Ci racconti qualcosa di quei momenti a distanza di tanti anni?
(Naomi) Noi eravamo completamente impreparati alla fine dei Galaxie 500. È stata un’esperienza molto amara e per un po’ abbiamo pensato che ci saremmo dovuti ritirare dalla musica. Comunque abbiamo sempre voluto fare altre cose artistiche, io dipingevo e mi occupavo di progettazione grafica mentre Damon scriveva. Così pensammo di lasciar perdere la musica per fare queste altre cose ma non ci rendevamo conto di come noi, anche se eravamo stati scottati dal mondo degli affari della musica, amassimo ancora fare musica. Non riuscivamo a smettere di scrivere canzoni e così, poi, fummo tentati di fare un altro disco; quello che noi pensavamo fosse il nostro ultimo lavoro si rivelò, invece, il primo di una nostra nuova era musicale.

Come definireste quel periodo?
(Damon) Il nostro album “More Sad Hits” definisce quel periodo per me, forse anche più dei miei ricordi! Ho dimenticato un sacco di cose ma il disco è un forte richiamo dei nostri sentimenti di allora. È un album molto emotivo, ed è emozionante per me ascoltarlo ancora oggi, molto più dei dischi dei Galaxie 500 che, in qualche modo, sento rimossi.

Ogni tanto vi sentite con Dean Wareham?
(Damon) No, fatta eccezione per motivi economici. Non abbiamo mai parlato né al telefono né di persona da quando è finita con i Galaxie 500. Ci scambiamo le e-mail per gli affari. Forse la cosa più strana è che da quando non siamo più amici andiamo d’accordo con il business. Ci sono pochi disaccordi, quasi nessuno, su come dobbiamo gestire il catalogo dei Galaxie 500.

Avete mai pensato di tornare a suonare insieme, anche solo per i vostri fan?
(Naomi) La gente ce lo chiede sempre. So che molti gruppi si riuniscono anche dopo un terribile scioglimento ma io dubito che mai accadrà, non solo a causa del cattivo rapporto ma anche artisticamente perché non credo possa essere molto interessante. Il tempo in cui noi siamo stati nei Galaxie 500 non può essere più riprodotto; suonare quelle canzoni insieme, ora, sarebbe soltanto una strana parodia, una sorta di karaoke. Preferisco suonare la musica che Damon e io abbiamo scritto di recente. È molto più emotivamente vera per dove io sono adesso, come persona e come musicista.

“Exact Change”, la vostra casa editrice di letteratura sperimentale, è stato in un certo senso il vostro primo rifugio lavorativo/culturale dopo lo scioglimento dei Galaxie 500 tanto che – ancora oggi – continua a essere una delle vostre attività principali. Ho l’impressione che l’idea di creare una casa editrice letteraria fosse “inconsciamente”, o forse realmente, ben radicata in voi ancor prima della nascita dei Galaxie 500.
(Naomi) In realtà noi iniziammo a lavorare a “Exact Change” prima che i Galaxie 500 si sciogliessero ma abbiamo lavorato su di essa con molta più energia dopo lo scioglimento della band. Sia Damon che io abbiamo sempre amato i libri; io facevo pratica come architetto, pittore e grafico mentre Damon si è laureato in letteratura. In quel periodo molti dei nostri amici fondarono piccole etichette discografiche e noi pensammo: perché non avviare una casa editrice, invece?

Dunque, quanto è importante la vostra attività di musicisti rispetto alle altre attività artistiche? E poi: quanto è importante l’arte nella vita di tutti i giorni soprattutto in questa società così veloce e consumistica?
(Damon) Penso che il motivo per cui suoniamo la musica è lo stesso per cui si fanno altri lavori; fa tutto parte della vita che abbiamo scelto di condurre. Non credo che tutti abbiano bisogno di suonare e scrivere poesie; al contrario, come ha detto Morton Feldman, la musica è troppo difficile, nessuno dovrebbe essere costretta a farlo! Credo invece nel vivere in piena libertà, qualunque modo si scelga di vivere.
(Naomi) Pensavo che la musica, che è stata divertente fare con gli amici, fosse un’arte meno seria, per dire, della pittura (dove mi sono sempre ritrovata in lotta con me stessa da sola in una stanza) ma con il tempo ho scoperto che è bello avere un lavoro che ti dia gioia e che tutto ciò che fai bene e con attenzione è arte. Così, vedo tutte le nostre attività come un contributo alla nostra arte.

Che importanza ha avuto Mark Kramer affinché Damon & Naomi tornassero a fare musica?
(Damon) Kramer aveva a che fare con tutto ciò che ci ha riportato a fare musica pubblicamente, per la registrazione e per le esibizioni, tuttavia non abbiamo mai smesso di suonare la musica a casa, per noi stessi. Non eravamo sicuri di come renderla pubblica ancora una volta, o se addirittura la volevamo ancora. Kramer ci ha portato di nuovo in studio, dove abbiamo realizzato “More Sad Hits” nel 1992 e, poi, ci ha portato in tournée in Giappone nel 1995 in cui abbiamo iniziato a esibirci come duo.

Paradossalmente però il distacco da Mark Kramer ha rappresentato anche il momento della maturità artistica di Damon & Naomi. Una maturità artistica che ha unito splendidamente la vostra musica a quelle atmosfere ipnotiche e suggestive che furono, qualche tempo prima, dei Galaxie 500…
(Damon) Si allontanò per sua volontà! Kramer si arrabbiò perché sentiva che il suo lavoro doveva essere pagato di più (aveva l’abitudine di prendersela con tutti quelli con cui lui lavorava, anche se forse con il tempo è cambiato da allora). Lui meritava di più – come tutti noi – ma non c’era modo di poterlo pagare sufficientemente per modificare quei sentimenti. Noi non volevamo fare musica sotto quella “nuvola”, si avvertiva una ripetizione di un aspetto di ciò che era andato storto con i Galaxie 500. In quel momento noi decidemmo di registrare da soli.
(Naomi) In realtà siamo stati in contatto con Kramer anche di recente e, mentre mi sento tranquilla per il lavoro che facciamo da soli, è bello essere di nuovo in contatto con lui. Ci ha insegnato tanto circa la musica e l’organizzazione sin da quando eravamo nei Galaxie 500.

La vostra è una musica introspettiva e nostalgica ma allo stesso tempo così armoniosa e confortevole. Un’altalenarsi di emozioni che sembra nutrirsi di umane fragilità e di una continua ricerca. Una sorta di equilibrio “precario” fatto di liriche melanconiche e di melodie sospese da cui è difficile uscire fuori. Da dove nasce questo equilibro? Dal fatto che Damon & Naomi siano più di un progetto musicale? Voglio dire: quanto ha influito la vostra sinergia affettiva e intellettuale?
(Naomi) Grazie. Ci auguriamo che la nostra musica sia in grado di esprimere la tristezza e la gioia che vi è nella vita, qualcosa che noi tutti condividiamo. A volte mi auguro di poter suonare musica per i party, musica che potrebbe far sorridere, ridere e ballare, ma non è naturale per noi, anche se ci piace questo tipo di musica così come la musica triste. Forse nella prossima vita saremo in una band festosa… Per essere una coppia, siamo molto fortunati esserci ritrovati l’uno con l’altro, ma tu dovresti vederci se ci perdiamo in macchina sulla strada per andare a uno spettacolo. Si litiga come chiunque, non è così meraviglioso!

Tra le vostre collaborazioni ricordiamo anche quella con Wayne Rogers, da cui sono nati i “Magic Hour”, ma in particolar modo quella con i Ghost che nel 2000 ha dato vita a quel gioiello che prende appunto il nome di “Damon & Naomi with Ghost”. Com’è nata la collaborazione con la band giapponese?
(Naomi) Effettivamente ci siamo incontrati con i Ghost nel 1995, quando stavamo suonando nei Magic Hour, come sezione ritmica. Abbiamo fatto un tour negli Stati Uniti con loro e siamo diventati molto amici. Abbiamo avuto un legame profondo con la loro musica e la loro personalità, e siamo ancora grandi amici. A quel tempo Damon e io non avevamo ancora suonato dal vivo come Damon & Naomi, era solo un progetto di studio, perché eravamo tutti e due timidi a cantare in pubblico e nessuno di noi voleva essere un “up front.” Ma abbiamo avuto l’opportunità di andare in Giappone e suonare lì, che era qualcosa che noi avevamo una gran voglia di fare; così abbiamo deciso di suonare dal vivo come Damon & Naomi e abbiamo chiesto ai Ghost di essere la nostra band. È stato meraviglioso, si è risvegliato il nostro interesse a suonare le nostre canzoni dal vivo. Pochi anni più tardi, dopo una mostra a Tokyo, i Ghost e noi tutti decidemmo di registrare insieme il nostro prossimo album.

“Damon & Naomi with Ghost” è un album abbastanza immediato, tuttavia pieno di riferimenti e di citazioni, basta ascoltare l’iniziale “The Mirror Phase” o quel capolavoro di “Judah and the Maccabees” , ma anche le belle cover di “Blue Moon” di Alex Chilton e “Eulogy to Lenny Bruce” di Tim Hardin. Cosa ha rappresentato per voi quel disco? Come sono nate quelle canzoni e quelle scelte?
(Damon) L’approccio alle canzoni che abbiamo scritto per quel disco era lo stesso di sempre. Penso che forse noi eravamo più maturi, emotivamente, rispetto alla musica che avevamo fatto prima. Come per le cover, nello spirito di collaborazione, noi ne abbiamo scelto una, la canzone di Alex Chilton e i Ghost ne hanno scelto un’altra, quella di Tim Hardin. La scelta dei Ghost è stata dettata dalla voce di Naomi: loro avevamo una gran voglia che lei cantasse una canzone di Nico.

Poi venne un album dal vivo, “Song To the Siren” del 2002, e successivamente “The Earth Is Blue” del 2005. Cosa accadde in quegli anni, diciamo tra il 2000 e il 2005?
(Damon) Abbiamo girato molto in quegli anni, come trio, con Michio Kurihara. È per questo che pubblicammo l’album dal vivo, perché volevamo documentare quello che si era sviluppato musicalmente sulla strada. È stato un passo molto importante per noi, credo, come cantanti. Nell’album dal vivo, noi cantiamo in un modo come mai avevamo fatto prima. Era una cosa che si era sviluppata in quegli anni, concentrare l’attenzione sulla voce, per la prima volta davvero.
(Naomi) È anche un conforto trovarsi davanti sul palco. Alcune persone sono naturalmente felici di essere al centro dell’attenzione sul palco ma era qualcosa con la quale noi dovevamo lentamente imparare a sentirci a nostro agio. Una vera lotta con noi stessi ma ora “eccoci qua!”

Avete avuto sempre un’anima libera e indipendente. Mi dite com’è il vostro rapporto con l’industria discografica e quali sono le differenze tra ieri e oggi?
(Naomi) Noi crediamo fieramente nell’arte e nella bellezza, e le richieste del mercato sono sempre in fondo alla nostra lista. Non sempre è un bene dal punto di vista finanziario ma non so se noi conosciamo un altro modo di essere. Io non ho neanche pensato come potremmo essere commerciali se provassimo a esserli. Non abbiamo quegli istinti. Per quanto riguarda oggi rispetto a ieri, la tecnologia è diversa, ma le persone non sono cambiate…

Com’è lo stato della cultura in America o, se volete, in generale?
(Damon) Ah, beh, mi dispiace dirlo, ma penso che sia lo stesso ovunque attualmente: il capitalismo trionfante! Viviamo in un’epoca aziendale ma l’underground è vivo e vegeto. C’è un sacco di energia tra i giovani a fare la loro cultura; nel cibo, nell’abbigliamento, nella musica, nell’arte.

Oggi come ieri, quanto è difficile vivere di arte e di cultura?
(Damon) Noi non abbiamo il benessere sociale negli Stati Uniti, come tu sai, e il costo delle cure sanitarie è molto alto, così alto che è diventato molto difficile lavorare per se stessi. Questo non è un problema solo per gli artisti, è lo stesso per chi non lavora per una grande azienda o per un’istituzione. È lo stesso per l’idraulico che viene a riparare il nostro lavandino.

Il fatto che vi abbia contattati tramite internet in qualche modo vi gratifica oppure siete scettici nei confronti delle webzine musicali? Qual è il vostro rapporto con la tecnologia e con internet?
(Damon) Naomi ama le nuove tecnologie!
(Naomi) La tecnologia può essere schiacciante perché cambia così velocemente. Si cresce con una versione del mondo e poi si deve imparare, nuovamente, come fare tante cose, altrimenti finisci per essere irritabile lamentandoti che il mondo è diverso. Così mi piace imparare le nuove tecnologie e capire come il mondo stia lavorando ora! Detto questo, anch’io ho un amore per le vecchie e obsolete tecnologie, gli artigiani e i mestieri che sono ormai passati e che nessuno fa più. Penso che sia triste quando dei vecchi metodi di fare le cose scompaiano. Mi piace quando sento che qualche giovane sta imparando un mestiere antico, allo stesso modo sono curiosa di sapere cosa può fare un nuovo software…

Ricevete più attenzione dal pubblico americano o dal pubblico europeo? Avvertite qualche differenza?
(Damon) Ogni serata in tour è diversa, ovunque ci troviamo. Tutto dipende dal particolare gruppo che ci ha accolto, dall’atmosfera della stanza, dalla personalità dell’organizzatore, o chissà quale altra cosa; non c’è realmente nessuna previsione, se si dispone di uno spettacolo dal vivo come il nostro, che non si ripete esattamente notte dopo notte. Accogliamo con favore questi cambiamenti perché fanno parte del conoscere luoghi e persone attraverso la nostra musica.

Cosa state preparando per il futuro che possiamo ritenerci fortunati di sapere e di divulgare attraverso questa intervista?
(Damon) Stiamo scrivendo canzoni per un nuovo album, abbiamo appena registrato le basi con Kurihara. Saremo nel Regno Unito e in Europa per alcuni spettacoli dal vivo in maggio.

Mi dite qual è stato il vostro primo vinile acquistato?
(Damon) Uhm… Credo che sia stata una raccolta di singoli di successo, esposta in un grande magazzino. Mi ricordo che c’erano i “Raspberries”, quindi questo collocherebbe l’album a metà degli anni ‘70.
(Naomi) “Moonshot” di Buffy Sainte-Marie (più tardi con i Galaxie 500 ne avremmo eseguito la title track). La mia insegnante a scuola la suonò per noi e mi commosse molto. Credo di aver avuto 9 anni.

Invece l’ultimo?
(Damon) Qualsiasi album di Frank Sinatra fatto per la Capitol Records! Questi sono facili da trovare nei negozi di dischi usati qui, ci sono pile di questi dischi. E sono fantastici, in particolare quelli tristi!
(Naomi) Vinicius De Moraes/Maria Bethania y Toquinho, “En La Fusa”, 1971.

Vorrei acquistare qualche libro della vostra casa editrice? Quale mi consigliate?
(Damon) John Cage, “Composition in Retrospect”.
(Naomi) “In Youth is Pleasure” di Denton Welch, uno scrittore inglese che è la combinazione perfetta di nostalgia e nevrosi.

Chiudiamo questa intervista da dove siamo partiti, rischiando forse di essere ripetitivi. Nonostante il gran lavoro di Dean Wareham con i Luna che tra l’altro adoro, credo che Damon & Naomi siano la naturale prosecuzione (seppure evoluta) di quell’universo siderale chiamato Galaxie 500. Mi rendo conto che non è facile giudicare se stessi ma se provate a chiudere gli occhi quanto vi sentite ancora a bordo di quella “vecchia Ford”? Quanto vi sentite ancora vicini a quelle sonorità e a quel modo di intendere la musica e la cultura rock indipendente?
(Damon) No, non proprio. Tranne se penso di essere dietro la batteria. In quel caso si torna indietro! Io amo davvero suonare la batteria, e non riesco più a farlo spesso ma tutto il resto mi appare lontanissimo.
(Naomi) Noi siamo le stesse persone ma siamo persone diverse da allora. Penso che abbiamo sempre avuto l’impulso di fare qualcosa di bello e significativo e condividerlo con gli altri ma ora sentiamo il bisogno di farlo in un modo più diretto. Quando ascolto i Galaxie 500 è come se guardassi una vecchia foto. Riconosci te stesso, ma pensi anche al tempo che è passato da quando quella foto è stata scattata, a tutto quello che hai vissuto, a tutto quello che hai imparato. Non vorrei tornare indietro, ma sono felice di quell’avventura.

Intervista estratta da ML – UPDATE 70 del 31-03-2010

(Articolo coperto da copyright. Per informazioni, contattare l’editore di questo blog)


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