Terza compilation (gli altri due volumi sono datati 2001 e 2008) approntata dalla Strut Records e dedicata all’interessante riscoperta del sound pionieristico della Nigeria degli anni ’70, una terra (ha dato i natali a Fela Kuti, Tony Allen, Sunny Ade) che veniva da una sanguinosa guerra civile appena conclusasi (il paese, purtroppo, avrebbe continuato a non trovare pace nei decenni a seguire). Tredici brani vintage, recuperare da vecchi vinili e rimasterizzati, che mai prima d’ora erano stati pubblicati fuori dai confini nazionali. La Strut Records – lo ricordiamo – è oggi la realtà discografica più in vista impegnata nella riscoperta della musica dimenticata di America Latina e Africa. Va seguita, incoraggiata e sostenuta in questo straordinario progetto filologico e culturale curato da Duncan Brooker. L’esplorazione in questo caso punta su Afro Funk, Highlife e sul tradizionale Juju, la musica delle percussioni yoruba diffusa nella zona sud-occidentale del paese, che si fondono in un groove che conquista immediatamente l’attenzione di chi ascolta. Senza dimenticare gli elementi jazz, soul, latin, disco e rock provenienti dall’altra sponda dell’Atlantico che affiorano in questo magnifico blend di sonorità. In quegli anni Lagos (oggi conta circa 15 milioni di abitanti), capitale della Nigeria fino al 1991, rappresentava il cuore pulsante di un fenomeno musicale di grandi proporzioni territoriali (vale la pena ricordare che per popolazione la Nigeria è l’ottavo stato al mondo), producendo un’impressionante quantità di musica, in gran parte ancora da scoprire dalle nostre parti. L’Afrobeat, a tratti psichedelico a tratti sperimentale, e un funk esuberante e contagioso (al quale di certo non deve essere rimasto insensibile allora James Brown), guidati dalla ritmica delle chitarre, sono le colonne portanti di un sound unico e sorprendentemente avvincente. Tra i protagonisti i Don Isaac Ezekiel Combination, trio composto da ex-Koola Lobitos, Admiral Dele Abiodun & His Top Hitters International con la lunga cavalcata psycho-afro (15’) di “It’s Time For Juju Music”, il congolese Ali Chukwumah, con la deliziosa “Henrietta” percorsa da continui riff chitarristici e battiti funk, la leggenda locale Ebenezer Obey, alle prese con l’incantevole “Ajoyio” dall’andatura mid-tempo e l’abbrivio soul, Eji Oyewole con il vibrante funk di “Unity In Africa”; e per farsi un’idea dello juju niente di meglio dell’ascolto di “Inu mimo” di Sina Bakare (figlio di quel Ayinde Bakare, tra i pionieri della musica Juju). In realtà ognuno dei brani presenti nel disco è una piccola perla da non trascurare. Brani questi eseguiti da musicisti di grande qualità e assai ben preparati; prendete per esempio Zeal Onyia (“Idegbani”) che ha avuto modo di studiare musica a Londra e Hannover, o lo stesso Eji Oyewole che ha viaggiato in lungo e in largo per l’Europa. Un booklet interno di 20 pagine completa l’opera con notizie dettagliate sui brani e la riproduzione delle copertine vintage degli originari LP da cui sono stati tratti i brani selezionati. Talmente interessante e piacevole il disco che varrebbe la pena di recuperare i primi due CD pubblicati: “Nigeria ‘70” e “Nigeria ’70: Lagos Jump”, sempre su etichetta Strut. (Luigi Lozzi)
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