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RZA – Birth of a Prince (2003)

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Tre lettere maiuscole per un personaggio di tutto rispetto. RZA a.k.a. Robert Diggs è conosciuto da tutti come il membro centrale del Wu-Tang Clan, collettivo di riferimento per chiunque ami l’hip hop americano, specialmente quello newyorkese. Atmosfere cupe, testi profondi, per non dire mistici e deliranti. Richiami ai film di arti marziali anni ’70 e ’80. Un gruppo composto da nove membri, che come tutte le formazioni ampie ha bisogno di un elemento centrale. Robert è sempre stato la figura chiave del clan nonché l’organizzatore. A guardare meglio il suo curriculum, vediamo bene che è pieno zeppo di cose: colonne sonore, partecipazioni in film mainstream come attore. E’ sua lo colonna sonora originale di alcuni film decisamente conosciuti: Ghost Dog, Kill Bill, Blade trinity. Tra un lavoro e un altro, a tempo perso, Robert aveva provato -negli ormai trascorsi anni novanta e anni zero- a costruire una carriera solista. Anche lì se ne sono viste delle belle: i primi due dischi escono sotto lo pseudonimo (ulteriore) di Bobby Digital. La sua voce profonda e potente si appoggia a delle basi dal sapore decisamente freddo; la tastiera e i synth, messi al bando nei dischi dei Wu-Tang, erano gli strumenti preferiti, per non dire gli unici, di Bobby Digital. Siamo ora al terzo capitolo della carriera solista del nostro, che non porta il nome di Bobby Digital ma quello di RZA. Non abbiamo di fronte sperimentazioni elettroniche e tecnologiche, ma the RZA nella sua forma migliore. Le sperimentazioni ci sono state, hanno lasciato il loro segno, ora si va avanti: Robert va oltre Bobby. Allora com’è questo Birth of a Prince? Intanto è vario: i toni passano dal giocoso al malinconico. “We Pop”, come dice il nome, è spensierata ed ha un ritmo commerciale. I suoni sono spudoratamente copiati dai successi di P. Diddy e Dr. Dre; conoscendo il personaggio deve essere stata una scelta auto ironica. “The Birth” è assai più classica e associabile al nome Wu-Tang, malinconica e riflessiva quanto basta. E che dire dei testi: la defunta rivista specializzata Groove li definì, all’epoca dell’uscita, “assurdi e sconclusionati”. Che RZA lavori nel caos e ami il non finito michelangiolesco è un dato di fatto. Ci sono tuttavia delle eccezioni inattese: il testo di “Drink, Smoke N Fuck” è quanto di più concreto e finito si sia mai sentito in un album rap: la prima strofa è introduttiva, la seconda parla dell’alcool, la terza del fumo, la quarta delle donne. Il ritornello è presto detto: All we wanna do is drink, smoke and fuck (fuck!). Assurdo e sconclusionato, a dirla tutta, è il personaggio RZA nel suo complesso. Varie capacità, varie attitudini, vari ruoli. La sua carriera rispecchia tutto questo, ma dire prolifica è dire poco. (Giovanni Fabbrini)


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