I don’t care about nothing anymore, il poderoso primo pezzo di questo album è anche la prima cosa in assoluto che ho ascoltato di questa band australiana formatasi a Sydney nel lontano 1983. I Beasts of Bourbon per la verità non sono famosi qui in Europa sebbene la formazione originale conti nomi prestigiosi quali Spencer Jones (chitarra anche nei Johnnys), James Baker (batteria pure negli Hoodoo Gurus), i due Scientists, ovvero il chitarrista Kim Salmon e il bassista Boris Sudjovic e lo stesso cantante Tex Perkins che formerà i Cruel Seal e svariati altri combos. Dal primo ascolto ho adorato i Beasts of Bourbon per la loro evidente vena hard rock che li riconduce immediatamente ai loro conterranei AC/DC ma a un più attento ascolto ho avuto modo di scoprire, apprezzandole, varie sfumature nelle loro composizioni di derivazione country, rock, blues senza contare la forte matrice punk con influenze che spaziano dai Gun Club a Nick Cave & The Bad Seeds, Cramps, Stones, Stooges, T-Rex… Il secondo brano I’m gone ne è una prova eloquente: qui Perkins sembra un Iggy Pop essenziale e grezzo… Ancora di più nel seguente pezzo punk I told you so. Sonorità alla Stooges sono presenti anche in Master and slave, bella canzone d’amore ritmata. Nella canzone che dà il titolo all’album Little Animals si espande la vena più intimista di Tex Perkins: una ballata alla Nick Cave in cui traspaiono l’amore per la natura e la malinconia per le aberrazioni della contaminazione umana conduce alla riflessione personale. L’impronta rock riprende nei pezzi in chiusura soprattutto in Too much too late di impatto alla Rolling Stones così come il punk “raffinato” prosegue ad esempio in Sleepwalker con echi dei Rocket from the Tombs di David Thomas. Tutto l’album è sapientemente dosato sulle capacità del cantante oltre che sulle chitarre rock: Tex Perkins è una versione country (parecchio country) di Lux Interior. Una delle maggiori critiche mosse al modo di cantare di questo massiccio (in tutti i sensi) frontman è quella di essere una grezza imitazione in cui scorgere di volta in volta Iggy Pop, Tom Waits, Jim Morrison, Lux Interior, Nick Cave, Bon Scott… Mi sembra un giudizio un po’ affrettato e superficiale:il suo modo di cantare può essere un mix di tutti questi che dà vita a un impronta personale invece assai netta. In effetti lo stile richiama molto il compianto Lux Interior (è la prima immagine che mi è balzata dall’orecchio in mente) e d’altro canto questo non può essere un demerito! Oltre a una bella voce articolata e potente, Tex Perkins credo sia un cantautore da rivalutare perchè ascoltando un po’ tutta la sua eclettica produzione (i Cruel Sea, i suoi Ladyboyz, dischi solisti e le varie collaborazioni con altri artisti australiani e non) si delinea una grande personalità… Assai piacevole è anche il finale Thanks, sgangherato inno di ringraziamento a un compagno di scorribande o ad un Dio tossico del rock’n’roll che guarda benevolo le suddette scorribande. Chi apprezza il rock’n’roll meno becero e patinato troverà nei Beasts of Bourbon e nelle molteplici diramazioni messe in essere da Tex Perkins dei fedeli alleati. (Costanza Savio)
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