Dopo la spietatezza e la brutalità de Il Mucchio Selvaggio (1969), pietra miliare della cinematografia western mondiale, David Samuel Peckinpah (meglio noto come Sam Peckinpah, 1925-1984) nel 1970 ci consegna un altro capolavoro, questa volta “cult” e insolito, della sua importante carriera di regista. Con La Ballata Di Cable Hogue, infatti, Peckinpah abbandona l’efferatezza del fuorilegge Pike Bishop e della sua banda per dare spazio, invece, alle visioni crepuscolari e non belligeranti di un cercatore d’oro abbandonato in pieno deserto da due disonesti compari. Un film in cui alla sofferenza e al tradimento della finta amicizia, quella fatta soltanto di interessi, fa seguito l’improvvisa rivincita della vita che mescola sapientemente e in salsa agrodolce il bisogno d’amore con la scialba ricchezza. Una pellicola grottesca e tragicomica che rivela, ahimè, tutti i vizi e gli egoismi della società moderna attraverso le splendide interpretazioni di un grandissimo loser, Jason Robards (Cable Hougue), di una meravigliosa meretrice, Stella Stevens (Hildy), e di un tipico predicatore dei nostri giorni, David Warner (Joshua). Peckinpah alla stregua del maestro Sergio Leone (1929-1989) riesce a scendere nella profondità della psiche di ciascun personaggio mettendo in risalto le debolezze dell’uomo e le disumanità del progresso. La Ballata di Cable Hogue, grazie a un finale decisamente rivelatore, segna la fine di un’epopea, quella del “Selvaggio West” e di quel caro romanticismo fatto di cowboy solitari e avventurieri in cerca di fortuna. Da vedere anche durante la notte di Natale, tra una fetta di panettone e un pezzo di mandorlato; un motivo in più per riflettere su quest’epoca di trasformazioni, di mancanza di valori e di sregolate evoluzioni tecnologiche. (Luca D’Ambrosio)
✓ MUSICLETTER.IT © Tutti i diritti riservati - 12 Ottobre 2011