Come in un incubo. Mi muovo nel nero, buio profondo e perdo il contatto con tutto. È un attimo quando dal caldo tepore di un letto mi ritrovo sbattuto nel fango, o almeno sembra tale. Il freddo entra nelle ossa e a malapena si riesce a intravedere qualcosa. Sterpaglia, boschi danzanti, tra la nebbia un’abitazione che sembra abbandonata. In un attimo entro impaurito, il tanfo di carne putrefatta pervade le narici, viene da piangere. Quasi la paura paralizza, le gambe non si muovono e dalle scale, che sembrano infinite e in risalita dagli inferi, un canto di donna, uno strido, fanno spalancare gli occhi. Sembra posseduta e sussurrante i peggiori anatemi pronunciabili, cavalcando striduli suoni che sulla carne creano escoriazioni appariscenti e dolorose (Nosferatu). L’odore di morte provoca conati di vomito che occludono la gola, la disperazione e poi le mani corrono per le tavole di legno del pavimento. Sono dolorose le schegge che entrano in profondità. La cantilena di una bambina prima mi tranquillizza, sento una mano che mi tocca la testa, delicatamente, le parole compongono una ninna nanna che non vuole essere consolatoria (Marie) e le dita stringono saldi i capelli sino a staccarli dal cuoio capelluto. Le urla, di dolore e terrore, non escono dalla bocca, come non avendo una lingua, nessuno può sentirmi, nessuno deve sentirmi. Riesco a correre, non so come sono tra i tristi roghi all’esterno, le gambe flagellate e le orecchie sono sanguinanti. Ritmi veloci che s’infrangono in un drone infinito mi annebbiano anche la vista (Penumbra y caos), perdo l’equilibrio ma riesco a riprenderlo. Una strada, forse persone. Vedo una sagoma ma non sembra umana. Enorme mi corre incontro, digrigna i denti ma io non mi giro. Lo sento. Mi afferra schiacciandomi con peso indicibile, penetrando le mie carni con le sue unghie animali. Una cadenza marziale e dei tempi serrati di batteria, scarni, sonorizzano l’aggressione (La Bestia), poi tutto torna come prima. La mia bocca sputa foglie e sangue. Continuo il travaglio. Guardo il cielo che non ha più stelle, luna o altro. Solo nero, profondo nero. Mi distacco da quello che dovrebbe essere reale, chiudo gli occhi e li riapro, sudato, dentro il mio letto. Come in un incubo e gli OvO sono la naturale colonna sonora. (Antonio Anigello)
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