La musica, spesso e volentieri, segue di pari passo i nostri stati emotivi: ci sono momenti in cui si ha bisogno di qualcosa di riflessivo, altri in cui si ricerca semplice intrattenimento. Per quanto mi riguarda, a volte ho bisogno di un disco “ignorante”, che mi dia carica e che mi faccia scuotere violentemente. È il caso di questo nuovo disco degli Hytest, dedito a riff elettrizzanti e a pezzi che di originale non hanno assolutamente niente (ma chi al giorno d’oggi lo è?). Mi sono imbattuto casualmente in loro durante la data estiva dei Mondo Generator: questi baldi giovanotti si sono destreggiati abilmente sul palco, non facendo sfigurare il gruppo di Nick Oliveri (che, nella circostanza, era composto da due terzi degli Hytest).
La formula è un misto di punk ultravitaminico, stoner da osteria e sprazzi di rock testosteronico: una formula che sta tra i Motorhead, i mitici Zeke e un vago sentore Generatoriano. 9 Volt è la prima di 11 bordate sonore per poco meno di mezz’ora: basso in evidenza, voce alcolizzata, giri di chitarra banali quanto efficaci e una batteria in continua trazione anteriore. Girl in black potrebbe essere un improbabile quanto divertente singolo, Magnet un pezzo alla Cocaine Rodeo, Goodbye un inno per chi ancora si diverte ad alzare il volume dello stereo assieme ai migliori amici e a una dozzina di birre. Take me money è tutto quello che Danko Jones non sa più fare, mentre Our career ci ricorda del perché siamo ancora così innamorati di album come Till The Living Dead e Ace Of Spades. Compratelo, ascoltatelo, divoratelo: potrebbe ricordarvi sonorità che, per troppo tempo, avete riposto accuratamente in un cassetto. (Matteo Ghilardi)
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