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Tinariwen – Imidiwan: Companions (2009)

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Lo stile dei Tinariwen, formazione di musicisti tuareg guidata da Ibrahim Ag Alhabib, è sempre lo stesso: una miscela trascinante e ben equilibrata di rock, blues e musica etnica nordafricana (meglio nota come Tishoumaren) che, ancora una volta, non disattende le aspettative degli estimatori. Imidiwan: Companions, quarto lavoro sulla lunga distanza, è di fatto un disco che mantiene alto il livello qualitativo dell’intera produzione discografica della band “barricadera” originaria del Mali. I Tinariwen, infatti, continuano imperterriti l’opera di “evangelizzazione” e di persuasione dell’opinione pubblica (iniziata nel 2001 con The Radio Tisdas Sessions e portata avanti nel 2004 con Amassakoul) grazie a brani epici e di protesta cantati in lingua tamashek (decisamente incomprensibili all’ascolto, almeno per chi scrive) che raccontano l’esperienza diretta di alcuni ex guerriglieri che hanno deciso di imbracciare le chitarre al posto delle armi, portando in giro per il mondo la sofferenza e lo sdegno di un popolo, quello del Sahara, destinato all’estinzione. Le canzoni tentano di tramandare, ma altresì di rinnovare, il folklore di un’etnia sempre più sopraffatta dalla globalizzazione e dall’occidente, destinata oggigiorno a riempire i nostri porti e le nostre cronache nere quotidiane. Di tutto ciò quindi, dopo un lungo peregrinare tra la Libia e l’Algeria, si è fatto portavoce Ibrahim Ag Alhabib, anima ribelle del drappello africano costretto all’esilio fin da bambino a seguito dell’uccisione del padre da parte dei soldati del Mali. Un continuo vagabondare di accampamento in accampamento che, tra mille vicissitudini, lo ha portato a innamorarsi del raï, del chaabi e perfino della musica moderna occidentale. Un amore che raggiunge la massima espressione prima con Aman Iman: Water Is Life (2007) – di cui già abbiamo avuto modo di parlare proprio su queste pagine – e poi con quest’ultimo Imidiwan: Companions, un altro ragguardevole lavoro che fonde sonorità etniche, canti tribali, chitarre rock blues (Imidiwan Afrik Tendam, Tenhert, Tahult In, Assuf Ag Assuf e Imazaghen N Adagh) e ritmi ancestrali capaci di scuotere la mente e il corpo in un unico afflato catartico (Lulla, Intitlayaghen e Kel Tamashek). Un album di world music di straordinaria bellezza e classicità che, oltre a ricordare certe composizioni di Ali Farka Touré, amplia gli orizzonti e le speranze di questa gente; non caso la copertina del disco, realizzata sulla falsariga della precedente, ritrae dei giovani berberi anziché i componenti del gruppo, quasi a voler sottolineare l’esigenza di consegnare di padre in figlio, di generazione in generazione, quell’immenso patrimonio di conoscenze e di tradizioni custodito da questi uomini liberi e dai Tinariwen. I nostri Clash del deserto. (Luca D’Ambrosio)


✓ MUSICLETTER.IT © Tutti i diritti riservati - 23 Ottobre 2011

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