La storia della Impulse! Records

"Quindici anni di storia in musica (dal ’61 al ’75), una formidabile e irripetibile avventura, la Impulse!, fin dalla sua nascita ha seguito passo passo le vicende del jazz d’avanguardia nei ‘60, dall’affermazione del free (ed è stata determinante nella sua evoluzione) all’incontro con il rock e il suono elettrificato fino a costituire un punto di riferimento costante per molti artisti che hanno proseguito, nei decenni successivi, sulla strada tracciata."

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Impulse! The House That Trane Built – La storia della Impulse Records è il titolo di un libro uscito qualche anno fa firmato Ashley Kahn sulla singolare storia dell’etichetta: non una qualsiasi. Infatti nell’immaginario collettivo dei consumatori di Musica la Impulse! è etichetta discografica che occupa un posto di rilievo nella storia del jazz per aver annoverato tra i suoi grandi protagonisti artisti del calibro di John Coltrane, Charles Mingus, Keith Jarrett, Gato Barbieri, e più recentemente Diana Krall. Ripercorriamo la prestigiosa avventura dell’etichetta in termini musicali.

IMPULSE! STORY: THE HOUSE THAT TRANE BUILT di Luigi Lozzi

Quindici anni di storia in musica (dal ’61 al ’75), una formidabile e irripetibile avventura, la Impulse!, fin dalla sua nascita ha seguito passo passo le vicende del jazz d’avanguardia nei ‘60, dall’affermazione del free (ed è stata determinante nella sua evoluzione) all’incontro con il rock e il suono elettrificato fino a costituire un punto di riferimento costante per molti artisti che hanno proseguito, nei decenni successivi, sulla strada tracciata.

C’erano all’epoca importanti etichette musicali antagoniste – la Blu Note, la Verve, l’Atlantic, la Columbia -, ognuna delle quali era distintamente caratterizzata scelte stilistiche che configuravano addirittura scuole di pensiero. La Impulse! è stata una delle più amate dagli appassionati; il suo nome sembra evocare energia, quasi a guidare la forte spinta innovativa che la musica trainava ben oltre i solchi dei dischi di vinile nella cultura del tempo e nel risveglio, nelle coscienze, dell’orgoglio afroamericano. E oggi, a bocce ferme, può contare su un formidabile e invidiabile catalogo di dischi con un artista di punta del calibro di John Coltrane, il quale ha inciso per l’etichetta tutti i suoi capolavori più acclamati (fino alla morte avvenuta nel 1967) in forza del furore creativo e dell’assoluta libertà di sperimentare di cui ha goduto da parte dei vertici.

“A Love Supreme” risulta essere il disco più venduto di ogni tempo della Impulse!. Ma non solo Coltrane, altri pionieri del free-jazz hanno contribuito a renderla grande, anche se alcuni di essi con una sola collaborazione all’attivo; come Albert Ayler, Pharaoh Sanders, Keith Jarrett, Gato Barbieri, Archie Shepp, McCoy Tyner, Sonny Rollins, Coleman Hawkins, Ben Webster, Milt Jackson, Quincy Jones, Max Roach, Duke Ellington, Freddie Hubbard, Marion Brown, Oliver Nelson, Yusef Lateef, Chico Hamilton e Shirley Scott.

Tutto è stato sempre molto curato, fin nei particolari minimi; un’attenzione maniacale e certosina che la dice lunga dell’amore e la fiducia riposti in un progetto del genere: quel celebre logo formato da una ‘i’ e un punto esclamativo (!) che si contrappongono speculari (rovesciati l’uno rispetto all’altro) su un fondo arancione e nero, a caratterizzare la grafica degli splendidi dischi editi della casa, immediatamente identificabili negli scaffali dei negozi di dischi, quelle splendide fotografie degli artisti, spesso in B&N, che campeggiano sulle copertine e che hanno fatto storia, gli album che si aprivano – qui ci tocca parlare al passato, con un filo di nostalgia per l’epoca del vinile – come un libro, quasi fossero degli scrigni, con le note di commento rigorosamente stampate all’interno. L’avventura ha il suo inizio a New York nel 1960 quando il produttore Creed Taylor della ABC-Paramount Records convince i capi dell’azienda ad assecondarlo nel lancio di una nuova etichetta consociata, distinta dalla produzione commerciale.

Per il nome da adottare Creed in un primo momento pensa a ‘Pulse’, nel senso di ‘battito’, ma non gli sembra una scelta molto originale, poi d’improvviso ha il lampo geniale di chiamarla ‘im-pulse!’, col punto esclamativo in coda a bilanciare la “i” posta all’inizio, e grida lo slogan “The New Wave of Jazz is on IMPULSE!” (“la nuova ondate del jazz è su IMPULSE!”). L’etichetta diventa subito protagonista perché ha dalla sua idee, creatività, risorse tecniche, un’autentica ideologia filosofica a supporto.

Il primo vero colpo inanellato è strappare Ray Charles, ‘The Genius’, il più importante artista rhythm’n’blues, alla Atlantic, con un contratto faraonico che nessun artista di colore era fino ad allora riuscito ad ottenere (racconta bene questo episodio il film “Ray” di Taylor Hackford; N.d.R.). Per la Impulse! Charles incide un unico album, “Genius+Soul=Jazz”, ma permette all’etichetta di porsi subito in luce e immediatamente la proietta tra le grandi nell’ambito jazz. La vera svolta avviene nel 1961 con l’ingaggio di John Coltrane, reduce dal successo commerciale di “My Favourite Things” e anch’egli legato in esclusiva alla Atlantic.

A convincere il sassofonista è la libertà di scelte che il management garantisce agli artisti. Nello stesso anno però Taylor va via per dirigere la Verve Records, prontamente sostituito da Bob Thiele che, assistito da un tecnico del suono della fama di Rudy Van Gelder (sembra sia stato lo stesso Coltrane a caldeggiare la sua assunzione), fa la fortuna della Impulse! Perché sono loro a creare alcuni dei più memorabili e innovativi capolavori della storia del jazz, sinonimo di sound e di stile ineguagliabile, una filosofia di vita; le copertine (già descritte) che si trasformano in vero e proprio marchio di fabbrica. I primi lavori di Coltrane con il timbro Impulse! sono “Africa/Brass” e l’epocale “Live At The Village Vanguard”, album dal respiro universale che consegna Coltrane all’eternità.

Seguono altre opere fondamentali come “A Love Supreme” (1964) e “Ascension” (1965). La storia va ad esaurirsi quando nel ’79 la Abc cede alla Mca la divisione discografica; oggi la Impulse! fa parte del ramo jazz della Universal Music Group, il The Verve Music Group, e si limita alle riedizioni dei propri classici di catalogo (in edizioni rimasterizzate e lo splendido packaging che riproduce le originali copertine), con un occhio di riguardo per il corpo principale dei trenta e più dischi di Coltrane (talvolta concentrando l’attenzione su performance inedite del grande sassofonista), salvo pubblicare sporadicamente (una volta rimessa in moto da Tommy LiPuma, presidente della GRP) dischi di artisti storicamente legati all’etichetta (è capitato per McCoy Tyner e Alice Coltrane, vedova di John) o lanciarne di nuovi (invero pochi) e moderni come Diana Krall. Album che hanno rivoluzionato la scena jazz internazionale in piena epoca rock, e ancora oggi incarnano quel sound vellutato e arrabbiato degli anni ’60: epoca di cambiamenti storici, sociali e musicali. E come ha affermato Tommy LiPuma, Chairman del Verve Music Group, “L’etichetta continua sulla strada della divulgazione degli stili e delle variazioni dell’idioma jazz con lo stesso spirito che l’ha sostenuta, e resa famosa, agli inizi degli anni Sessanta. Il nostro obbiettivo è quello di rendere questo sound familiare tanto alle nuove generazioni che ai vecchi appassionati, al fine di educare le menti e promuovere quella che riteniamo essere una delle più importanti forme d’arte della storia musicale americana”.

Oggi La Universal festeggia il 50° anniversario della Impulse! con una collana particolare che comprende dischi importanti (con la formula di due album in 1 CD a prezzo economico) di artisti straordinari che hanno fatto la fortuna dell’etichetta. Sono in tutto trenta le uscite previste per complessivi sessanta storici album. Tra i titoli più significativi troviamo “The Black Saint And The Sinner Lady + Mingus Mingus Mingus” di Charles Mingus, “Jazz Messengers!!! + A Jazz Message” di Art Blakey, “Meets Coleman Hawkins + And John Coltrane” di Duke Ellington, “On Impulse! + There Will Never Be Another You“ di Sonny Rollins, “Today And Now + Desafinado” di Coleman Hawkins, “For Losers + Kwanza” di Archie Shepp, “Illumination! + Dear John C.” di Elvin Jones, “Mysteries + Shades” di Keith Jarrett, “Village Of The Pharoahs + Wisdom Through Music” di Pharoah Sanders.

Si racconta l’età d’oro del jazz, quella seminale della nuova onda, della ‘New Thing’ come si amava definire allora l’avvento del free jazz. Album che fanno parte del corpo di quelli che hanno rivoluzionato la scena jazz internazionale in piena epoca rock, e ancora oggi incarnano quel sound vellutato e arrabbiato degli anni ’60: epoca di cambiamenti storici, sociali e musicali. È viva e tangibile l’idea di una musica che continua a contenere nel suo DNA i germogli dell’innovazione, non disgiunti dalla qualità e dall’integrità del messaggio, e che continua ad irradiarsi dal nome Impulse! anche ai giorni nostri. E per un ulteriore approfondimento perché non immergersi nella lettura di “The House That Trane Buit: La Storia della Impulse! Records” (Il Saggiatore Editore) di Ashley Kahn. Il libro (Il Saggiatore, 29 euro) in 352 pagine ripercorre la storia della Impulse Records con un racconto che si dispiega chiaro e facilmente comprensibile anche per i neofiti, senza impelagarsi in tecnicismi oscuri.

Ashley Kahn, l’autore, si era già distinto per le due corpose monografie dedicate a dischi monumentali come “Kind Of Blue” di Miles Davis e “A Love Supreme” di John Coltrane. Il titolo omaggia l’artista che più di ogni altro ha fatto grande l’etichetta e ne ha costruito le fondamenta, Coltrane – per tanti la Impulse! era proprio lui e «casa, traboccante di rivoluzione e profumata di incenso, costruita da John Coltrane» si legge nelle pagine del testo -, artista inarrivabile e fondamentale per l’affermazione del ‘sentire’ afroamericano.

Di particolare interesse le schede storiche (e l’analisi) degli album più significativi, trentasei LP in tutto come “The Black Saint and the Sinner Lady” di Charles Mingus, “Chapter One: Latin America” di Gato Barbieri e “Translinear Light” di Alice Coltrane, e a corredo tantissime foto. Kahn – che è giornalista che collabora con diverse testate tra cui Rolling Stone, The New York Times e Mojo – ripercorre le principali tappe, intervistando molti protagonisti ancora in vita e rintracciando atre testimonianze negli archivi; e poi troviamo fotografie, note di copertina di dischi di culto, aneddoti. (Luigi Lozzi)


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