Intervista a Paul Heaton degli Housemartins

Per restare in termini calcistici, quella realizzata dagli Housemartins fu una doppietta bruciante che mandò in visibilio il pubblico e la critica degli anni ’80. Erano gli anni di Margaret Hilda Thatcher e di “The Power Of Love”, e Paul Heaton decise di dare uno scossone al Sistema mettendo su una delle formazioni più piacevolmente rivoltose della scena pop/rock inglese di quel periodo.

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Per restare in termini calcistici, quella realizzata dagli Housemartins fu una doppietta bruciante che mandò in visibilio il pubblico e la critica degli anni ’80.

Erano gli anni di Margaret Hilda Thatcher e di “The Power Of Love”, e Paul Heaton decise di dare uno scossone al Sistema mettendo su una delle formazioni più piacevolmente rivoltose della scena pop/rock inglese di quel periodo.

Prima con London 0 Hull 4 (1986) e poi con The People Who Grinned Themselves To Death (1987), gli Housemartins riuscirono, nel giro di appena tre anni, a realizzare una miscela tanto intima quanto esplosiva di musica e ideali. Parlarono infatti di Dio, di politica e di società in maniera ironica e allo stesso tempo profonda e commovente, senza però mai cadere nella banalità. Insomma: un “uno-due” che lasciò senza fiato moltissimi di noi.

Venne poi il 1988, l’anno del premeditato scioglimento, e la formazione di Kingston upon Hull (Inghliterra) chiuse definitivamente con quell’esperienza, lasciando un piccolo vuoto nei nostri cuori.

Un vuoto che, a distanza di tanti anni, abbiamo cercato di colmare rintracciando Paul David Heaton che, con la solita acutezza, ci ha raccontato qualcosa di quell’epoca, degli Housemartins e anche di oggi. Buona lettura.

Intervista a Paul David Heaton degli Housemartins © di Luca D’Ambrosio

Paul Heaton (thehousemartins.com)

Erano gli anni di “The Power Of Love” e della Thatcher, la “Lady di Ferro”. Proprio in quel periodo a Hull, in Inghilterra, nacque la vostra band: chi erano gli Housemartins e perché quel nome?
Eravamo un gruppo di agitatori comunisti. Il nome è stato preso da Peter Tinniswood (autore preferito di Paul Heaton, ndr) che tendeva a usare la migrazione di questo uccello (il balestruccio, ndr) per segnare i passaggi delle stagioni.

Prima degli Housemartins cosa facevi e da che tipo di famiglia venivi?
Ho lasciato la scuola senza qualifiche e sono andato dritto a lavorare come impiegato in un ufficio. La storia della mia famiglia ruotava intorno al mio papà, Horace. Lui ha fatto bene per se stesso ma ha rifiutato di tutelare i propri interessi. Questo significa che, anche se abbiamo avuto i soldi, li abbiamo spesi tutti per la casa, le vacanze e il calcio e nulla è stato fatto per l’istruzione, la salute e il guadagno finanziario.

Com’era la vita in Inghilterra negli anni ’80, soprattutto in periferia?
Felice e piena di musica, ma ho vissuto in città a partire dal 1983.

Qual era la vostra visione del mondo? La stessa di oggi?
L’Internazionale Socialista avrà sempre più senso e funzionerà meglio del capitalismo. Ora si sta scoprendo tutto questo in Italia!

Che genere di musica ascoltavi in quel periodo?
Gospel, New Wave, Hip Hop, Detroit House, English Pop, Reggae, Blues, Country, Soul. Tutto tranne Heavy Metal!

Ora, invece, cosa ascolti?
Più di quanto abbia detto prima. Aggiungici la Musica Classica, un po’ di World Music e il Rockabilly.

Chi scoprì gli Housemartins e chi offrì loro un contratto? Ci puoi dire brevemente come accadde?
Un uomo di nome Bruce Craigie venne a vederci in un posto chiamato Hope and Anchor a Londra. A quei tempi lui lavorava alla Chrysalis Records, ma chiamò Andy MacDonald della “Go! Discs” pensando che la sua etichetta sarebbe stata più adatta.

Quali furono le tue emozioni?
Mi fece piacere, ma non come quando ottenemmo il nostro primo passaggio nel programma radiofonico di John Peel!

Ti sentivi parte del sistema o una voce fuori dal coro?
Una voce solitaria nel sistema. Ecco come mi sentivo.

Cosa significò per voi “Flag Day”?
La possibilità di mettere un po’ di odio nella schifosa borsa reale.

Mentre ora?
La stessa cosa. Ogni sillaba di quella canzone ci ha dato ragione. La carità è per quella parte della comunità che si sente in colpa per le tasse.

“London 0 Hull 4”, il vostro debutto, cosa significava per gli Housemartins?
Significava fottiti, da nord a sud.

Quindi, cos’era per te quel disco?
La possibilità di dire la mia.

Ti piace ancora giocare a calcio? La passione è la stessa che si percepisce guardando quel simpatico videoclip di “We’re Not Deep”?
Ho giocato a calcio per tutta la mia vita dai 4 anni ai 40 anni. Ora sono “allenatore” (parola detta in italiano, ndr).

Com’è cambiato il calcio e com’è cambiata l’Inghilterra?
L’Inghilterra è cambiata nello stesso modo in cui è cambiato il calcio. Se la gente inglese potesse sentire le stesse negatività che sente per Carlos Tevez (attuale attaccante del Manchester City, ndr) e trasferirle ai politici e ai banchieri noi potremmo assistere a una grande rivoluzione in questo paese.

Cosa ti manca e cosa non ti manca del passato?
Non mi manca nulla, a parte le patatine e John Peel.

Invece, cosa ti piace e cosa non ti piace di questo periodo?
Guarderemo a questo periodo come “L’età dell’idiota”. Ci si può sentire rispettati solo perché hai una grande macchina, una “bocca grande” e un paio di pantaloni costosi?

Poi venne The People Who Grinned Themselves To Death, un album vivace ma con con dei testi più profondi, ironici e romantici del precedente. Mi dici qualcosa su questo secondo e ultimo lavoro in studio?
I testi sono un po’ più complessi così come il tema delle canzoni. Questo secondo album ha più senso dell’umorismo rispetto al primo. Il titolo si basa sulla canzone, che è antimonarchica. Ho sentito che il mondo stava per cambiare.

“Build” è la mia preferita di quel disco. Bello anche il videoclip. Una canzone di “romantica protesta”. La domanda è sempre la stessa: può la musica cambiare, in meglio, il mondo?
La musica può cambiare gli individui, ma non un governo. Il mondo non è altro che una serie di individui malavitosi che affidano ad altri il pacifismo individuale.

Qual è la tua canzone preferita degli Housemartins?
“The Light is Always Green” (vedi il videoclip a fine intervista, ndr). È più vera oggi di allora.

Cosa successe dopo “The People Who grinned Themselves To Death”?
Ci siamo separati.

Ti va di dirmi qualcosa di piacevole o non piacevole circa il vostro scioglimento?
Non c’è niente di bello o di brutto circa lo scioglimento degli Housemartins. Io e Stan Cullimore decidemmo che non appena avremmo raggiunto il 1987 ci saremmo fermati. E così facemmo.

Senza gli Housemartins come ti sei sentito?
Mi sono sentito benissimo. È stato pre-organizzato. Nel 1985 e nel 1986 sapevamo che il 1987 sarebbe stato l’anno dello scioglimento. Fu sorprendente il fatto che avemmo il coraggio di farlo.

Cosa pensi adesso di quell’esperienza?
Penso che sia stata un’esperienza divertente e che abbia portato il sorriso sul volto di molti.

Avete mai pensato di tornare insieme e di riformare gli Housemartins?
Tu hai pensato a questo? No (a voler essere sinceri, un po’ sì, ndr). Io non torno mai indietro. Tu sei solito chiamare la tua ex ragazza per chiederle di uscire di nuovo con te? (Beh, sicuramente ha ragione, ndr) Io sono felice nella mia attuale relazione musicale.

Cosa succede ora in Inghilterra?
Spero che noi siamo arrivati al punto di rottura del governo e dell’illegalità, così presto arriverà la fine dell’Età dell’Idiota.

Adesso, invece, cosa fai nella tua vita privata?
Spendo la mia vita privata con le mie tre figlie. Mi piace fare musica da solo e viaggiare.

Dio salvi la regina?
Al diavolo la regina, la sua cazzo di famiglia e soprattutto tutti quei babbei che le danno sostegno.

Grazie per la disponibilità.
Di niente!

(Articolo coperto da copyright. Per informazioni, contattare l’editore di questo blog.)


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