Cosa dire di Marianne Faithfull che non sia già stato detto o scritto? Praticamente nulla. Allora, per non cadere nel consueto elogio della grande cantautrice e ancor prima di presentare quest’ultima fatica del 2011, non ci resta che riassumere rapidamente, soprattutto per i più distratti, alcuni momenti della carriera della sessantacinquenne cantante inglese. Nativa di Hampstead (Londra), già compagna di Mick Jagger nonché coautrice con i Rolling Stones di brani come Sister Morphine (traccia che, qualche anno più tardi, verrà pubblicata nell’imponente Sticky Fingers degli Stones), Marian Evelyn Faithfull, così all’anagrafe, è uno di quei personaggi femminili della storia del rock di cui oggi più che mai avvertiamo il bisogno, specialmente in un’Italia popolata e governata da vallette, showgirl, ministre varie e dove – come dice Alina Reyes – “la musa è davvero caduta in basso”. Un esempio di donna libera ed emancipata, ancor prima di essere una eccellente artista; un simbolo di bellezza intramontabile alla stregua delle grandi dive del cinema del passato come, per esempio, Marlene Dietrich, Rita Hayworth e Ava Gardner e che in quarantacinque anni di carriera ha sempre saputo mettere insieme, superbamente, quel mix difficilmente realizzabile (per una donna) fatto di trasgressione, di romanticismo e di cervello. Una figura che le nuove giovani generazioni, ostentatrici di solo tette e culi, dovrebbero prendere come modello umano di riferimento mettendo da parte, una volta tanto, quei moderni simulacri che hanno le sembianze ora di Carla Bruni ora di Lady Gaga. Non se ne abbiano a male gli ammiratori di quest’ultime, ma la nostra dea è una donna maestosa che va molto più in là della semplice immagine mediatica. Una donna vera, dal passato complesso e abbastanza turbolento, pieno di momenti esaltanti ma anche di cocenti delusioni e di passaggi bui. Una cantante che ha vissuto gli anni del sesso, della droga e del rock’n’roll, salvaguardando dignitosamente la sua icona di femmina così incredibilmente bella, sensuale e intelligente. Un’autrice piena di vita e di risorse che, dopo un numero considerevole di dischi e di collaborazioni che non stiamo certo a elencare in questo articolo, è ancora qui a scrivere e a cantare canzoni capaci di lasciarci con il fiato sospeso, come l’iniziale The Stations (cover dei Gutter Twins) oppure come Love Songs che, più di ogni altra traccia, in questo gelido e solitario giorno di San Valentino riesce a tenerci incollati davanti allo stereo. Perché Horses and High Heels è pieno zeppo di brani (pop e rock) dai toni chiaroscuri che affondano il cuore e che, nonostante il loro sapore classico e passatista, si lasciano ascoltare molto volentieri, anche quando in No Reasons sembra ricordare proprio gli Stones. Dunque, è il caso di ribadirlo: un album della madonna. Pardon, di Marianne Faithfull. (Luca D’Ambrosio)
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✓ MUSICLETTER.IT © Tutti i diritti riservati - 28 Novembre 2011