Ieri su “La Repubblica” ho letto con interesse un articolo firmato da Gino Castaldo sulla presunta morte del Rock.
Se il rock lo “ricordiamo”, invece di ascoltarlo, questa volta sì che è finita davvero. Certo, abbiamo nostalgia dei Led Zeppelin, ma non per questo ci compriamo il disco dei Rival Sons.
Ieri su “La Repubblica” ho letto con interesse un articolo firmato da Gino Castaldo sulla presunta morte del Rock. Cose condivisibili, per carità: le classifiche dove il rock non compare, i giovani che sono guidati dai media e che acquistano superficialmente in stile “mordi e fuggi”… altre no, tipo quella dei nuovi che ricalcano lo stile dei vecchi, o del riempimento di un vuoto da parte delle band storiche (forse più che riempimento di un vuoto si potrebbe parlare di riempimento di un portafoglio vuoto).
Quello che manca, forse, è un po’ di autocritica. Non ho la cultura musicale incommensurabile di Gino Castaldo, e sicuramente quello che ha scritto arriva dopo una profonda riflessione su cose che non immagino. Però io me lo ricordo, Gino, intervistato in TV al concerto di Madonna (Torino 1987, credo, e mi pare da Vincenzo Mollica), che con un sorriso beffardo rispondeva a monosillabi alle domande sulla qualità eccelsa della diva, prendendo un po’ tutti per il…
Perché non recuperare quell’atteggiamento nei confronti del pop commerciale e ritrovare una via più oggettiva dove si fanno emergere quelli che meritano davvero? Per cercare di evitare il funerale noi possiamo fare la nostra parte, ma la nostra parte è poca cosa rispetto a quello che possono fare le star, come Gino Castaldo, che sicuramente amano il Rock.
Se ne potrebbe parlare di più, in prima pagina, si potrebbe parlare di artisti bravi che hanno talento e creatività da vendere; non dei soliti noti, quelli i dischi li vendono, senza il bisogno di settanta articoli l’anno: ne basterebbero cinquanta. Gli altri venti li potrebbero riservare a chi i dischi merita di venderli, ma ha bisogno di visibilità. Il rischio altrimenti è quello di continuare, lentamente, ad affogare nelle “Gagate”. (Alessandro Grainer)
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