Il terzo album è un passaggio critico per chiunque e a questo punto della loro carriera sono giunti i Coronas, gruppo rivelazione della scena musicale irlandese, dei quali va avanti e si consolida l’attività e pure una popolarità che va lievitando sempre più in patria: il suggello l’hanno messo le sei serate tenute presso il tempio della musica dublinese, l’Olympia Theatre dopo che avevano aperto il concerto di Paul McCartney all’RDS Arena di Dublino nel giugno 2010. il disco precedente, Tony Was an Ex-Con, ha ricevuto il premio quale Miglior Album Irlandese ai Meteor Awards 2010, trionfando tra gli altri sugli Snow Patrol di Up To Now e addirittura sugli U2 di How to Dismantle an Atomic Bomb, e questo Closer To You alla sua pubblicazione nello scorso novembre è balzato subito al primo posto delle Irish Indie Chart raggiungendo poi il terzo posto nelle classifiche generali. Disco registrato addirittura a Los Angeles, al Sound Factory, studio che ha visto nascere molti lavori di Tom Waits e James Taylor, sotto la supervision di Tony Hoffer, produttore con il pallino per le formazioni british (tra i suoi crediti lavori con Kooks, Thrills, Beck, Belle & Sebastian, Supergrass, Turin Brakes e Air). Va detto che ci sono grandi aspettative intorno ai quattro Coronas, sostenuti pure dal caloroso affetto dei fan e l’affettuosa attenzione della critica, ed il gruppo sembra davvero essere stato consapevole di quanta importanza rivestisse nell’economia della loro musica e nelle prospettive future un approccio più maturo allo studio di registrazione in occasione di questo terzo effort. E che i Coronas siano alla ricerca di una nuova, più matura identità, si coglie immediatamente sebbene non si discostino troppo da quell’alveo di solido mix di electro-pop, funk e slow tempo che ci è stato servito finora, cui non manca mai l’anima irish. La voce oscura di Danny continua ad essere il punto di forza della band rock-indie irlandese. In apertura “What You Think You Know” ha un riff stridente che conquista, “Blind Will Lead the Blind” è il brano migliore del disco, un pezzo magnifico, anche nelle liriche, e in qualche frangente ricorda gli Smiths. Notevole anche la title-track nonostante si sia puntato sul più immediato “Addicted To Progress” – si muove dalle parti dei Coldplay – per il lancio sulle radio; “My God” e “Dreaming Again” sono brani folk. Ha dato magnifica prova di songwriting Danny O’Reilly, dopo aver firmato tre pezzi presenti sul recente album della madre, Mary Black, “Stories From The Steeples”; una strada quella della scrittura che ha coltivato incoraggiato dalla stessa Mary. È certo un disco imperfetto, ci mancherebbe, non del tutto omogeneo, ma vi consiglio di tenere d’occhio il gruppo (e O’Reilly in primis) che difficilmente resterà solo una meteora. (Luigi Lozzi)
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