I Prima Donna sono gli odierni pupilli dei Rolling Stones e ciò non è un caso: la band si rifà alle loro sonorità sixties e ha un approccio “stradaiolo” e fresco pur assumendo atteggiamenti da rockstar navigate. Formatisi nel 2003, il gruppo di Los Angeles non sono affatto l’ennesima trovata a tavolino di una major e la serata al Velvet Underground di Castiglion Fiorentino, in una fredda e nevosa serata di febbraio, ne è la conferma. Già all’entrata infatti mi ritrovo con una cricca di giovanissime fan che si pongono a protezione del “merchandising” (fatto addirittura di accendini di diverso colore) lasciato proprio davanti al bancone del bar mentre i Prima Donna sono a cena. In Italia la band americana non sono affatto conosciuti al grande pubblico e qui al locale trovo un pubblico prevalentemente composto da adolescenti che conoscono la formazione per il fatto di aver fatto dei lunghi tour con i ben più noti Green Day. Quando cominciano a suonare capisco subito che non sono un’invenzione delle major ma una live band di tutto rispetto. I riferimenti vanno dal garage al punk odierno con una predilezione per le atmosfere glitter rock anni ‘70 alla maniera dei New York Dolls. Accostarli ai New York Dolls sarebbe azzardato visto che i losangelini non hanno la stessa carica distorta delle “Bambole di New York”, tuttavia si sente che ne hanno appreso la lezione. I pezzi sono quasi tutti scritti dal cantante chitarrista Kevin Preston (già negli Skulls) che, da vero anfitrione memore di esperienze live in club minori e grandi tour in tutto il mondo, sa come condurre il pubblico (prevalentemente femminile) dalla sua parte: si atteggia, si butta sul pubblico, si arrampica come un allievo diligente di Iggy Pop strizzando l’occhio al compare, il tastierista e sassofonista Aaron Minton. Il palco del Velvet Underground è veramente poco più di uno scalino di legno appoggiato sul pavimento (ndr, forse l’ideale per questi tipi di concerti) e proprio per questo bisogna rendere onore ai Prima Donna di aver non solo eseguito tutto il nuovo album “Bless this Mess” più i vari bis in maniera impeccabile, ma di aver coinvolto il giovane pubblico in un coerente rock show classico come non se ne vedevano di questi tempi. Persino dopo il concerto si rivelano rockstar affabili ed “espansive” intrattenendosi con i fan e confermandosi una band di prima qualità. (Costanza Savio)
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