Prosegue significativa e fertile l’attività della Strut Records, label che si dedica alla riscoperta di gemme musicali del passato, dimenticate o sconosciute (tante volte addirittura in vinile), in ambito Dance Music, Hard Funk, Underground Disco, Afrobeat nigeriano. Materiali indirizzati a un pubblico curioso e genuinamente interessato – perchè amante della musica – composto prevalentemente da DJ e collezionisti di questi generi musicali. La Strut Records fondata da Quinton Scott nel 1999, costretta a chiudere per qualche tempo nel 2003 per ragioni finanziarie, è tornata attivissima a pieno regime nel 2008 grazie alla mediazione della !K7, etichetta tedesca che ora ne è proprietaria. Un’attenzione particolare dedicata all’evoluzione della musica dance, alle sonorità afroamericane e proto house, quelle house, soul, rare groove e boogie agli inizi degli anni Ottanta, quando l’hip-hop e la musica elettronica erano solo agli albori. Musica trasmessa da magnifiche stazioni radio pirata a Londra quali la LWR e Solar. Fin dalla sua fondazione la Strut ha portato avanti progetti inerenti il recupero e la divulgazione di Disco, Funky e Afro, musica dalle enormi potenzialità che veniva suonata nei club più alla moda ai due lati dell’oceano come il Paradise Garage e il Loft di New York o il Wild Bunch di Bristol. Tra i numerosi progetti concepiti uno dei più recenti è “Metal Dance”, un doppio album di suoni industrial, post-punk e EBM sulla scena dance alternativa degli anni ’80 fra classici, pezzi rarissimi e il dark side del dancefloor, assemblato da Trevor Jackson, uno dei Dj/producer più stimati del Regno Unito, attivo da venticinque anni, creatore della Output Recordings (Four Tet, LCD Soundsystem, The Rapture) e assai influente su tanti artisti emergenti (Factory Floor, LCD Soundsystem, The Knife, Hot Chip). 27 brani pescati nella ricchissima collezione di Jackson (composta da oltre 50mila dischi) grazie alla quale non solo si compie un’operazione meritoria di recupero vintage, apprezzatissima dai cultori, ma si contribuisce a far conoscere alle nuove generazioni alcuni generi musicali in voga un tempo. Perle underground accompagnate dalle versioni dub o remixate nel caso di pezzi più noti. Tra i nomi più celebri troviamo i Cabaret Voltaire con “Seconds Too Late” e Nitzer Ebb (”Control I’m Here“) assieme a Pete Shelley (dei Buzzcocks) e Jah Wobble (dei Pil), rispettivamente alle prese con “Witness The Change” in dub e “Invaders Of the Heart” in exotic decadent disco mix, e poi ancora Alien Sex Fiend, Yello, DAF. Ad aprire le danze – è proprio il caso di dirlo vista la materia – il curioso “The Bubblemen Are Coming” dei Bubblemen, gruppo alternativo ai Love And Rockets (ovvero i Bauhaus senza Peter Murphy). Assai ben inserita è l’accattivante “The Great Divide” della cult band londinese dei Portion Control, ma spazio anche a nomi meno noti quali i belgi new beat Neon o gli Executive Slacks di Philadelphia, facitori di industrial rock. La traccia che dà il titolo alla Compilation è dei SPK, il gruppo synth-pop australiano. Il secondo CD regala in apertura due pezzi ben noti agli appassionati più attenti, “Under The Thunder (Ignore The Dub)” degli Alien Sex Fiend, che non è altri che la versione dub di “Ignore The Machine“, e “Yü-Gung” dei mitici Einstürzende Neubauten, qui proposta in un mix di Adrian Sherwood. È presente anche un rarissimo estratto dal film cult di John Carpenter, “1997: Fuga da New York“, composto dallo stesso regista canadese in collaborazione con il suo mentore musicale Alan Howarth, rieditata dai Kelin & MBO di Mario Boncaldo. Tutto quel che resta presente su questo secondo disco rende conto di brani sconosciuti, sapientemente riportati alla luce dell’ascolto, tra sintetismi pop e new wave (Hard Corps, Naked Lunch, Secession, etc.). (Luigi Lozzi)
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