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Giant Sand – Blurry Blue Mountain (2010)

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Blurry Blue Mountain dei Giant Sandformazione di Tucson (Arizona) guidata da ventisette anni da quel genio, sregolato e irrequieto, di Howe Gelb – è stato uno dei miei dischi preferiti del 2010. Un album che mi ha ubriacato fin dal primo ascolto attraverso le sue atmosfere fumose che mischiano country, swing e profumi di frontiera. Un disco rock, di quel rock alternativo però che non trascende mai nel volgare, che accarezza ma che al momento giusto sa anche graffiare. Canzoni dalle melodie impeccabili che si ricoprono di polvere di deserto e di poesia, di quel lirismo struggente e inebriante caro a personaggi come Waits e Lanegan e a tanti altri “perdenti”. Un lavoro che odora di tex mex, che mi stordisce e che mi rapisce il cuore quasi alla maniera di quel capolavoro del 2000 intitolato Chore of Enchantment, con canzoni come Fields of Green, The Last One, Monk’s Mountain, No Tellin’ e Erosion che in qualche modo ripercorrono quelle stesse strade polverose, eguagliandone la bellezza dei suoni e degli umori. Howe Gelbautore di tutte le composizioni – appare particolarmente ispirato, canta da Dio insomma, e la sua voce è così penetrante da provocarti quel classico brivido sulla pelle, soprattutto quando duetta con la giovane e talentuosa Lonna Kelley in Lucky Star Love e in Love a Loser. Registrato da Chris Schultz (Arizona) e missato da Kent Olsen (Danimarca), Blurry Blue Mountain è un disco che cresce ascolto dopo ascolto e che con le sue ballate pianistiche, le sue attitudini alt. country e le sue digressioni melodiche a base di indie rock non può che provocare una piacevole quanto fottuta dipendenza. Una dipendenza così forte che nel giro di qualche minuto mi ha spinto a scrivere queste poche righe di recensione che mai e poi mai potranno rivelare lo splendore di quest’altra meraviglia dei Giant Sand perché, come dice lo stesso Gelb, “I Giant Sand sono uno stato d’animo”. Un succedersi di emozioni, difficilmente descrivibili, iniziate nel lontano 1985 con Valley of Rain. (Luca D’Ambrosio)

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