È l’album sbagliato. E proprio per questo forse il migliore, o almeno il più coraggioso: esce nella primavera 2012 l’ultimo lavoro di Francesco Sighieri , artista toscano famoso per aver dato vita ai migliori successi di Irene Grandi e per aver lavorato con molte grandi star del pop italiano. Il nome del disco, “The Wrong Album” (etichetta Music Valley Records), è lo spunto per raccontare una storia. Si tratta infatti della seconda puntata di una trilogia (la prima, datata gennaio 2010, fu l’album “Soft Rock”; la terza, non ha ancora una data di uscita) che cronologicamente ripercorre tre momenti clou della musica internazionale, da cui Sighieri stesso racconta di essere stato ispirato nel corso della sua carriera. Il titolo dell’album in uscita è stato scelto dall’autore convinto, erroneamente, di aver sbagliato inesorabilmente prodotto, dopo un buon esordio con la prima puntata. E proprio il disco d’esordio, “Soft Rock” (prodotto da Warner Chappell Music Italiana), tutto contaminato da Supertramp, Phil Collins e Alan Parson Project, riproponeva – rivisitandoli – i suoni del 1979. Si distingueva anche per due chicche tutte da ascoltare: la collaborazione di Dolcenera che vi suona l’armonica a bocca nel brano “Madeline” e per la voce di Nicola Pecci nel brano “No one road is too long”. In “The Wrong Album” invece l’ispirazione arriva dall’anno 1982, mentre nel terzo album conclusivo della trilogia Sighieri ricorderà invece il 1991 e il periodo contraddistinto, internazionalmente, dal successo dell’hard rock. Ma ecco l’ultima fatica: nel pieno della leggerezza degli eighties Sighieri annota e interiorizza sonorità da sintetizzatore, drum machine, le tipiche voci filtrate, curando con maniacalità ogni particolare, grazie al contributo di un ingegnere del suono come Andrea Benassai. Tutti i brani del disco, una volta mixati in digitale, vengono fatti passare su nastro analogico per alterare la dinamica del suono e poi accelerati per modificarne velocità e intonazione uscendo dallo standard 440 HZ. Un tuffo nei primi anni Ottanta a tutto tondo. A dimostrare poi che l’album è sbagliato, ma solo nel titolo, Sighieri ha lavorato per proporre collaborazioni d’autore: le lyrics sono affidate alla cantautrice kirtan Emy Berti, già autrice di Irene Grandi, e a Kathleen Hagen, autrice di Mario Biondi e Il Volo. Il disco contiene anche due cover di due successi anni Ottanta: “Wouldn’t it be good” di Nick Kershaw e “Drive” dei Cars. Per le ritmiche dell’album invece Sighieri si affida all’esperienza del batterista Steve Luchi (Articolo 31 e J.Ax) ed ai bassisti Antonio Petruzzelli (Dolcenera, Vecchioni, Pezzali) e Ronny Aglietti (Alessandra Amoroso, Noemi, Fiorella Mannoia). Compare anche un brano (il solo) in italiano, “Una volta” cantato da Pio Stefanini (produttore di Irene Grandi). Il brano “The Bit Of A Cracker” è stato scritto e arrangiato da Sighieri insieme con Simone Giuliani, arrangiatore italiano oggi a New York, che ha lavorato tra gli altri con Beyoncé e Maxwell. Per il lancio del disco è stato realizzato un videoclip del singolo “I’m the new Stereoscopic” regia di Matteo de Nicolò (regista di alcuni video per Irene Grandi come per esempio “Bruci la città”). (Fonte: Pio Stefanini / Music Valley Records)
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