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Live review: Mötley Crüe all’Arena Fiera di Rho (MI)

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Si può uscire dal palco a testa alta dopo un grande concerto (e i Crue ne hanno messo a segno tanti) oppure, da vecchi guasconi del mestiere, alla chetichella dopo uno show sottotono o deludente (ricordo quelli di Milano 2007 o Monza 2009). Grazie agli dei, stavolta, gli headliner del terzo giorno di Gods of Metal 2012 nonché uno dei gruppi per cui il mio cuore continua a battere malgrado le non poche marachelle, hanno scelto l’opzione che più si avvicina alla prima, lo si capisce già dal via, dallo spessore denso e potente di una Wild Sid’ che apre lo spettacolo e dalla risposta che questa ottiene. Certo, la scaletta è il solito greatest-hits a cui la band ci ha abituato (con rare eccezioni) almeno dal Maximum Rock Tour del 1999, ciò non toglie che se viene suonata come si deve, questa riesce ancora perfettamente nella viziosa arte di infuocare la platea; in tutto questo le “sorprese” Too fast for love o Piece of the action regalano una selva di pugni al cielo e cori come se piovesse. Vince Neil gigioneggia, la sua voce regge piuttosto bene, pur mostrando i ben noti limiti, al contrario, Tommy Lee sembra badare più al sodo che ai giochi di prestigio e la sostanza ne beneficia. Sixx c’è, magari con più panza e qualche ruga, ma resta sempre l’animale indisciplinato di cui la ciurma non può fare a meno. Non si esce vivi dall’anfetamina di Live wire e meno che mai da una Shout at the devil somministrata in versione Swine album, poi, attesissimo, parte l’otto volante di Tommy, con tanto di ospite italiano sul sedile passeggero: non una masturbazione auto compiaciuta ma un drumming tribale su una base hip hop accompagnata da proiezioni che riducono in poltiglia quelle dozzinali e amatoriali utilizzate 24 ore prima dai Guns N’Roses sullo stesso palco. Per molti dei presenti questo sipario è valso da solo metà del biglietto pagato, ma credete serenamente a chi è cresciuto a pane e Motley, anche senza certi artifici questa sarebbe stata comunque una ottima serata di r’n’r. Spenta la giostra, ricomincia il ruggito della chitarra di Mick Mars e si torna a fare sul serio: da Dr. Feelgood a Girls girls girls, presentata per la milionesima volta da Vince con il trucchetto dell’acceleratore, da una cantatissima Home Sweet Home fino al gran finale di Kickstart My Heart che chiude i giochi e un bilancio che a molti appare decisamente positivo. Tra luci e sculettamenti provocanti delle due ballerine, qualche eccesso e una sequela di classici senza tempo, lo sguardo però finisce per seguire quel signore sulla destra del palco, purtroppo malandato in salute, ma che malgrado ciò, come un filo tessuto con estrema arguzia, regge tutto: Mick Mars è il mio eroe. (Manuel Fiorelli)

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