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Sassi, l’EP autoprodotto di Andrea Carboni

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I pazzi “intelligenti e sensibili” hanno occhi immensi e vedono quello che il mondo finge di non vedere. Uno di questi pazzi, il pisano Andrea Carboni autoproduce un EP di quattro tracce, Sassi, e l’intero incasso lo devolve umanamente alla Fondazione Achille Sclavo che si prende cura dei Paesi in via di sviluppo; fin qui si potrebbe dire embè? Tutto qui? Non sarà il primo né l’ultimo a “farsi bello” a discapito di una delle fittissime associazioni prese qua e la da qualche elenco no-profit: ed è qui che l’inganno tende la sua trappola peggiore, c’è grande differenza tra chi “concretizza una voglia” e chi si dispone per far capire – con umiltà di spirito e passione altruista – quale sia l’argano o la zeppa che manda in tilt il giro libero di questa palla sgonfia che chiamiamo mondo, e questo piccolo eroe sommesso e sconosciuto – per il momento – mette in musica quello che in tanti vorrebbero urlare al vento, alla vita. Sassi, quattro tracce che si fanno poesia e scontro interiore, tracce che si legano al cuore come radici in cerca di un qualcosa che li riporti alla ragione dei più, tracce ispiratissime che sbavano e addolciscono rabbie e constatazioni, sassi che l’artista Carboni vorrebbe tirare in aria e far vagare per l’universo intero sognando di farli diventare grandi anche se di tempo non ne resta; dicevamo rabbia e amore in un contrasto sovrapposto, policromo e ansimante, morbido e carezzevole, ma sempre con la gradazione marrone della malinconia a fare da tappezzeria alle sue corte ma forti storie sonore. Un bell’Ep questo, che perde sangue rimanendo in piedi come la struggente poesia di un Benvegnù (“Il male minore”), l’indole recitante di scavare dentro (“La migliore che ci sia”), l’armonia stratificata di un disperdersi talmente in alto fino a collassare di piacere amaro (“Il mio rumore bianco”) o la teatralità in lingua francese che in “Complicitè” ci porta in avanti un piccolo artigiano cantastorie che vola invece di rimanere agganciato in questa terrestre continua malignità; tutto si ricollega al docile pathos di cercare di rigare, ancora una volta, l’anima di chi ascolta e risvegliare l’istinto di una fratellanza oltre i colori, e l’artista toscano riesce nell’intento, regalandoci la sua prospettiva sonica e lirica, tristagnola, ma di eleganza senza pari. Respirate queste musiche, vi arricchirete di bello e di pazzia significante. (Alessandro Favilli – Prom-o-rama)

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