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Jah Wobble & Keith Levene – Yin & Yang (2012)

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Lo compreranno, anzi lo scaricheranno, i nostalgici. Perché i nomi sono quelli di due marpioni del post-punk. Come dire, il P.I.L. dei P.I.L. Sono loro a dare “carattere” alla prima incarnazione dei Public Image. Senza Wobble e senza Levene, la storia andò poi in altro modo. Un po’ per tutti, per i P.I.L. certamente ma pure per loro, diventati dei nomi leggendari su dischi che nessuno ascoltava più. Oppure qualcuno di voi ha in casa Violent Opposition, Psychic Life, Bedroom Album e va ancora a togliergli un po’ di polvere? Se lo fate, fate parte di una setta. Anzi, di una quinta. E neppure abbondante. Io comunque continuo a non crederci. E se davvero ce li avete invitatemi a casa vostra che li voglio guardare. Se c’è vostra moglie meglio ancora. Se c’è solo lei e voi siete fuori, ve la do vinta senza manco guardare la vostra discoteca. Però i nomi, quei nomi, incutono sempre un po’ di timore e riverenza, soprattutto oggi che sono tornati assieme, addirittura abbracciati nelle foto di copertina che ritraggono Wobble con una fraterna mano poggiata sulla spalla di Levene. Un bianco e nero essenziale e nostalgico: Stanlio e Ollio. Anche se loro dicono lo Yin e lo Yang. Ma nessuno ci crede. Forse manco loro. Ma questi sono i pregiudizi inutili di uno che scrive, male, di musica. Quello per cui loro sono venuti, e io con loro, è proprio quella: la musica. Jah ama il dub e lo sappiamo. Le sue spesse linee di basso sono enormi proboscidi che si muovono come giganti dreadlocks fluttuanti nello spazio interstellare. Levene fu, invece, uno dei più innovativi chitarristi del dopo-punk. E questo non andrebbe dimenticato mai. Il suo stile era anarchico e surrealista. Le sue chitarre di alluminio sono una delle cose più disordinate e sovversive della new-wave. Yin & Yang celebra l’incontro tra questi due canali espressivi, lambendo i torritori dub già noti, lo space rock della teiera magica dei Gong, il funky-jazz del Miles Davis di Tutu. Alcune cose valgono il prezzo del biglietto chiesto per assistere allo spettacolo, altre (soprattutto la parte centrale dell’ album) un po’ meno, rispettando l’appuntamento con l’imperfezione cui Wobble e Levene ci hanno sempre abituati. Ora che avete letto tutte queste minchiate, se la vostra unica domanda è: “Ma qui dentro ci sono i Public Image?”. La risposta è: “No, i Public Image sono morti e seppelliti dentro una latta di metallo quando voi mangiavate ancora i biscotti Plasmon. E voi credete ancora che Babbo Natale arrivi con le renne.” Buon Natale, comunque. (Franco Dimauro)

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