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Teenage Jesus and The Jerks – Shut Up and Bleed (2008)

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Se il merito maggiore del punk era stato quello di riconsegnare il rock ‘n roll in mano ai giovani, il proprio limite più evidente fu quello di rimanere in qualche modo ingabbiato. Al sovvertimento delle regole paventato da look sempre più violenti e insidiosi si era preferito alla fine ripristinare il vecchio ordine costituito. E così ecco i Ramones suonare i pezzi dei Beach Boys e dei Rivieras, i New York Dolls quelli di Bo Diddley, Patti Smith quelli di Who e Them (o addirittura Manfred Mann), i Talking Heads rifare Al Green e i Television sognare i Velvet Underground. Una rivoluzione estetica e sociale che però alla fine non aveva osato andare oltre gli argini e imporre delle regole veramente nuove e rivoluzionarie. A criticare più o meno apertamente quel movimento ci pensò l’ area no-wave che faceva capo a James Chance e Lydia Lunch. L’ idea era quella di sovvertire le regole, distruggere ogni canone e instaurare un nuovo concetto musicale ed etico che portasse alle estreme conseguenze l’ idea fondante del punk: impara tre accordi e forma un gruppo. Ai Teenage Jesus and The Jerks non interessava adattarsi alla nuova dottrina. Imparare tre accordi? E perché mai? Se quello che realmente contava era esprimersi, tutto il resto non solo non era indispensabile, ma neppure necessario. La loro musica è una folle, istintiva e mostruosa macchina di convulsioni epilettiche dissonanti e strazianti. Lydia Lunch urla come un babbuino scuoiato vivo mentre sotto di lei i suoi comprimari massacrano e sbrindellano i loro strumenti sotto il peso delle loro clave. Se la conoscenza degli strumenti e della loro armonizzazione è pari a zero, quella dei concetti base della costruzione armonica e melodica sono parecchie decine sotto lo zero. Niente suona neppure lontanamente simile a quello per cui è stato ideato. Tutto ha il suono di una catastrofe aberrante. Come dei Nerone follemente innamorati della loro città, i Jerks coprono di petrolio la loro metropoli e le danno fuoco. Nessun disco dell’era punk era stato così vicino alla follia quanto queste smorfie epilettiche. Nessuno era riuscito a creare un’estetica dell’orripilante così instabile e alienante. Nessuno era riuscito a sonorizzare l’agonia e il coma di una generazione senza futuro. Oltre le fogne. Dentro il corpo mutilato di un ratto seppellito nella merda. (Franco Dimauro)

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