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Frank Zappa – Hot Rats (1969)

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Amare Zappa significa amare la musica. Tutta. Ecco uno dei motivi per cui è così difficile amarlo. Zappa è un onnivoro e un anticonformista. L’Anti-Papa del rock. Un monarca che impone la sua legge. Un dittatore che ama le invasioni. E infatti quando Hot Rats arriva sul mercato, questo è già stato invaso da sette dischi in tre anni. Non so se sia il disco migliore di Zappa perché non ho mai completato la sua discografia nonostante Napster, il peer-to-peer e il file-sharing di cui abbonda il nuovo secolo. Però è uno dei miei preferiti per diversi motivi. Il primo è che per tanti anni la sua copertina mi ha ingannato. Proprio come quei minchioni che vanno a donne e si svegliano con un trans sotto le lenzuola. Quella testa di matto che esce fuori dalla piscina, intendo. Quello sguardo da clown depresso. Per anni ho creduto si trattasse di Zappa. Poi scoprì non ricordo su quale libro che si trattava di una donna. Una delle tante che cercava di scoprire se Zappa fosse superdotato non solo come musicista ma pure come uomo. Il secondo è che Hot Rats ospita, anche se solo per una manciata di secondi, la voce incredibile di Captain Beefheart. La terza è che questo fu l’album che, assieme a Sandinista! dei Clash mi aiutò ad abbattere le trincee che mi ero costruito tra quello che era giusto ascoltare e quello che non lo era. Il disco che mi fece capire come il “rockettaro” quasi sempre sia uno con molti più pregiudizi di quelli che lui stesso sbeffeggia, colpevoli di chiedere alla musica solo un po’ di svago. Hot Rats supera il concetto limitativo di “complesso rock” e ci introduce al concetto di “amplesso musicale”. I dialoghi strumentali tra Zappa, Underwood, Sugarcane, Jean-Luc Ponty e i vari batteristi che si alternano sui sei pezzi sono intricate partiture che sconfinano nel jazz, nel prog, nel blues, nella fusion rese ancora più articolate dalla successiva manipolazione su multitraccia Ampex che il musicista siculo/americano adottò in netto anticipo sui tempi. Brani che cambiano di umore come donne in preda al ciclo mestruale e che traboccano di istintività triviale, di virtuosismi esasperati, di improvvisazioni simulate, di contrappunti, sincopi, slanci e repentine sterzate. Un disco architettato per farci sentire tutti degli esseri minuscoli. Topi. Sorci. Ratti. Roditori. Cavie umane. (Franco Dimauro)

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