Sharona Alperin è una famosa agente immobiliare di Los Angeles. Una donna di successo. Una di quelle donne in carriera della borghesia americana su cui Hollywood ha bruciato, e brucia, chilometri e chilometri di pellicola. Il miglior affare però lo ha concluso nel 1979, finendo sulla copertina e tra le parole del tormentone musicale di quell’anno. Consegnandosi in qualche modo all’immortalità. La sua webpage aziendale si chiama ancora oggi così: www.mysharona.com e se ci clicchi sono proprio le note di quel pezzo a introdurvi al suo profilo professionale. Se avete pure qualche soldino da spendere potete sentire la sua voce telefonando al numero del suo cellulare o lasciare un messaggio balbuziente sulla sua segreteria telefonica: Muh-Muh-Muh-My Sharonaaaa! Chi non conosce My Sharona? È come le chiappe di una brasiliana che ti sculettano davanti sul lungomare di Bahia. Una volta agganciate non riesci più a guardare altrove. Uno di quei pezzi talmente perfetti che sembrano preparati col bilancino, nel retrobottega di uno speziale. La batteria che inizia picchiando forte come un muscolo cardiaco e gli altri strumenti che via via gli si accodano in processione, la voce di Fieger che singhiozza come il Daltrey di My Generation e poi, dopo i primi ottanta secondi di pista il primo ponte e la voglia di buttarsi giù, fin dentro il salvaslip di Sharona. Ma l’auto dei Knack corre veloce e non fai in tempo. Finché, dopo un altro giro di pista, ecco che il pezzo si allarga nuovamente, il braccio destro di Bruce Gary si allunga dal timpano al ride lasciando spazio per far alzare in volo la chitarra di Berton Averre che sembra rincorrere il John Perry di Another Girl, Another Planet. E poi, di nuovo l’ incalzante riff portante, che conduce al sospirato orgasmo conclusivo. My Sharona è, inutile dirlo, il pezzo che consegna alla storia i Knack e il loro disco di debutto, uno degli album più bistrattati dalla critica forse come punizione per l’enorme successo popolare e che invece è un disco power-pop dignitosissimo, con autentiche perle beat come Let me out, Frustrated, (She‘s so) Selfish e Good Girls Don‘t, una bella cover di Heartbeat di Buddy Holly e altre piccole delizie jingle-jangle come Oh Tara, Your number of your name o Lucinda, camere d’eco dove risuonano i Knickerbockers, i Beau Brummels e il Merseybeat. Sei mesi seduti su un trono in cima al Pianeta Terra, con cinque continenti di donne genuflesse ai loro piedi, come in ogni sogno adolescenziale che meriti di essere sognato, raccontato ed inseguito. E voi? Quanto sapete correre? (Franco Dimauro)
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