La mente inevitabilmente corre indietro, ancora una volta, ai Disciplinatha di Abbiamo Pazientato 40 anni: Ora Basta! così come agli Starfuckers di Ordine Pubblico. A quel modo di sputare in faccia parole che fanno male. E di sputarle su un tramestio di chitarre barbare. A quella incapacità di guardare il mondo dalla finestra e riuscire a sentirlo proprio. Morire per la patria è un disco dalle dimensioni Siffrediane. Spinta dai muscoli pneumatici del nuovo batterista Paolo Mongardi la musica della Fuzz Orchestra diventa un teatro sabbathiano dove vengono esibiti gli scalpi dell’orgogliosa altra Italia. Dai Musicanova di Svegliati e Uccidi al brivido Pasoliniano di In verità vi dico, dal Volontè di Sangue e Morire per la patria (un estratto da pelledoca da Uomini Contro) al Flavio Bucci di La proprietà, dall’Alejandro Jodorowsky de Il paese incantato al Modugno soffocato dalla tempesta di Viene il vento. Sotto di loro, raffiche di accordi e di ritmiche figlie dello stoner e del post-metal. Un’officina meccanica. Una catena di assemblaggio. Un’acciaieria. Un cantiere navale. Gli opifici dove si produceva lavoro e che adesso sono dei castelli disabitati dove di quel lavoro risuona solo la sua eco, alimentando terrore e claustrofobia. Il tessuto connettivo furibondo del terzo album della Fuzz Orchestra è ragionevolmente legittimato dalla conflittualità e dall’ostilità verso ogni forma di potere (religioso, politico, filosofico, militare) che lo ha generato. Morire per la patria non fornisce risposte ma suggerisce dubbi che si riscoprono secolari e ci induce alla riflessione o all’azione. Cinico e cinematico. Ironico fino alla ferocia, pur senza essere costretto ad urlare. Perché quello che fa più male, forse, è scoprire che la Patria per cui moriamo, siamo noi. (Franco Dimauro)
✓ MUSICLETTER.IT © Tutti i diritti riservati - 10 Febbraio 2013