Sempre meno cattivi i Bad Seeds, sempre meno invadenti. Push the sky away si muove quasi silenzioso. Placate le tempeste dei tempi d’ oro, quello che rimane o che Nick Cave vuole lasciarci vedere, è la pellicola increspata di acqua cheta che si muove appena sotto il bordo del bicchiere, come quella sapientemente esibita su Water‘s Edge. Altri più bravi di me vi diranno le parole giuste per farvi piacere queste stanche confidenze senza tormento, per rendervi permeabili a questo pianto privo di lacrime, per restituire commovente dignità a questo gospel disertato dal suo stesso pastore, per riempire di emozione questo golfo mistico spopolato. Io non riesco. Ed è forse un limite mio. Push the sky away è disco difficilmente assolvibile. E io poco indulgente, soprattutto con chi non si cala le braghe. È il trionfo del cantante confidenziale, declinato nel linguaggio pregnante di Cave cui però ormai siamo talmente avvezzi da rischiare l’assopimento per assuefazione (cosa che arriva puntualmente al secondo minuto di We real cool). Come quando inviti a cena qualcuno che si ostina a raccontarti con dovizia di particolari le solite storie. Da trent’anni. Un amico cui non sai dire di no e a cui inevitabilmente finisci per aprire sempre la porta. Almeno due volte. La prima per entrare. La seconda per lasciarlo andar via. (Franco Dimauro)
✓ MUSICLETTER.IT © Tutti i diritti riservati - 15 Febbraio 2013