Entusiasmo alle stelle per il pubblico romano intervenuto al Piper Club per il concerto dei Beach House. Locale strapieno, probabilmente oltre ogni aspettativa. E del resto lo si intuiva già, appena arrivati, dalla lunghissima e ordinata fila di persone all’ingresso del glorioso locale capitolino. Una volta entrati, però, ogni eventuale dubbio viene dissipato: la gente è accalcata un po’ ovunque, uno appiccicato all’altro, pressoché incurante del “delirio” che lo circonda. Ciononostante sono tutti lì, immobili e quasi in catalessi, ciascuno con lo sguardo fisso rivolto verso il palco e con ogni sorta di apparecchio tecnologico pronto a immortale l’esibizione della formazione americana. Il tempo di prendere fiato ed ecco che Alex Scally (chitarre ed effetti vari), Victoria Legrand (voce e tastiere) e Daniel Franz (batteria) fanno il loro ingresso sul palcoscenico accompagnati da un applauso fragoroso e da uno sfarfallio di luci, lucette e fumi. Inizia così l’ipnosi dei Beach House e, come da copione da qualche live a questa parte, è Wild la prima canzone della serata a cui fanno seguito Other People, altra traccia estrapolata da Bloom, e Norway, brano invece tratto dal precedente Teen Dream. Tre esecuzioni davvero impeccabili sufficienti per capire che il suono sarà compatto, magnetico e senza sbavature. Sono passati, infatti, appena quindici minuti e gli spettatori sembrano già essersi dimenticati della pioggia e della lunga attesa al botteghino. Tutto intorno è un riverbero di luci e di suoni, come se fossimo stati catapultati in una galassia costellata da frammenti di Mazzy Star, Galaxie 500 e Cocteau Twins, con la voce di Victoria che in alcuni momenti riporta alla mente quella di Kendra Smith degli Opal. E noi tutti lì rapiti ed estasiasti da canzoni come Master of None, Lazuli, Zebra, Whises, Heart Of Chambers, Take Care e Myth che, più delle altre, mettono in evidenza l’indiscutibile talento dei Beach House che, per un’ora e più, ci fanno dimenticare tutti i mali di questo mondo confermandosi una delle migliori dream pop band di quest’ultimi anni. Si torna a casa lentamente, in fila e senza fiato, ma soprattutto soddisfatti, quantunque il cielo sia ancora carico di pioggia. (Redazione ML / 10.03.2013)
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