Era il 1965 quando Bob Hite, cantante dalla voce potente e dal fisico corpulento (da cui gli derivò il soprannome di ‘The Bear’), fondava assieme al chitarrista Alan ‘Blind Owl’ Wilson i Canned Heat, una delle più importanti formazioni di blues revival elettrico di matrice ‘bianca’ nell’universo Rock assieme alla Paul Butterfield Blues Band. Un gruppo che già al secondo disco, “Boogie With Canned Heat” del ’68 (dopo l’esordio con “Canned Heat” nel ‘67), sulle tracce (e alla riscoperta) di vecchi miti del Blues quali John Lee Hooker o Muddy Waters, consegnava alla storia un capolavoro assoluto nonostante questo fosse solo un album di cover. Le fortune artistiche della band sono concentrate in quei pochi anni della fine dei Sessanta nei quali parteciparono ai grandi raduni del Monterey Pop Festival nel 1967 e di Woodstock nel 1969 (il celebre film dell’evento diretto da Michael Wadleigh si apre proprio con un loro brano, “Going Up the Country”, divenuto tema ‘non ufficiale’ del Festival) e fino alla scomparsa nel settembre 1970 per overdose da barbiturici di Alan Wilson, l’autentico leader dei Canned Heat. Il gruppo avrebbe proseguito a incidere dischi (di minore valore) fino alla morte di Hite avvenuta per un attacco cardiaco nell’aprile dell’81. Ancora oggi si aggira per Europa e Stati Uniti una formazione ‘fantasma’ del gruppo che stancamente prova a tener viva la memoria di tale leggenda. Assieme ai cofondatori Bob ‘The Bear’ Hite e Alan ‘The Blind Owl’ Wilson facevano parte della classica line-up del gruppo il prodigioso bassista Larry ‘Mole’ Taylor, Adolfo ‘Fito’ de la Parra (alla batteria, successivamente sostituto di Frank Cook) e alternativamente Henry ‘Sunflower’ Vestine o Harvey Mandel (alla chitarra). Va sottolineato a beneficio delle generazioni più giovani di appassionati di Rock & Blues la grande importanza avuta dal gruppo californiano che è stato vittima nel tempo di un ‘inconsapevole’ ma colpevole oblio da parte dei Media e del quale – peraltro – c’è oggi una grande difficoltà a reperire i dischi sul mercato. Considerati, in maniera riduttiva, i ‘Kings of the Boogie’, i Canned Heat non sono stati tenuti nella giusta considerazione e quasi mai – e ribadisco, è stato uno sbaglio – inclusi nel novero dei grandi gruppi californiani della fine dei Sessanta al fianco di Jefferson Airplane, Grateful Dead, Big Brother & the Holding Company e Quicksilver Messenger Service. Questa magnifica doppia antologia dedicata ad Alan Wilson non solo celebra una delle figure seminali del Blues ‘bianco’, fedele allo stile classico dei bluesmen di Chicago, grande collezionista di dischi e attento studioso, ma può servire a molti a ricomporre (seppur parzialmente) il mosaico del contributo artistico offerto dai Canned Heat alla storia della musica rock vista la penuria di loro dischi in circolazione. Alan ‘Blind Owl’ Christie Wilson era nato a Boston il 4 luglio 1943, ed è morto a Topanga Canyon il 3 settembre 1970; il soprannome di ‘Gufo Cieco’ – che poi è pure il titolo dato a questa antologia – era dovuta alla grave miopia da cui era affetto. La sua morte avvenuta quando aveva solo 27 anni lo ha fatto tristemente includere nel cosiddetto Club 27, ovvero quell’esclusivo ed ideale (si fa per dire) ensamble di artisti scomparsi tutti alla fatidica età di 27 anni (che annovera tra i più famosi Brian Jones, Jimi Hendrix, Janis Joplin, Jim Morrison, Kurt Cobain ma anche il bluesman Robert Johnson, Amy Winehouse e molti altri meno noti). Wilson oltre che suonare chitarra, armonica e cantare con voce tenorile è stato artefice della rivisitazione e della scrittura dei più importanti e celebrati brani dei Canned Heat quali “On The Road Again” (un traditional degli anni ‘20), “Help Me“, “Shake It And Break It“, “Going Up The Country“, “My Time Ain’t Long” che ovviamente trovano posto nell’antologia-omaggio compilata dall’amico di un tempo Skip Taylor (che ha anche redatto le approfondite note di copertina) e Adolfo De La Parra (il batterista originario del gruppo ed anche unico sopravvissuto tra i componenti originari) per la Severn Records. Come già detto in precedenza il gruppo, in molti casi, ha rielaborato vecchi standard del blues allineandosi ai tanti che ne hanno favorito in quegli anni il Revival. Il fenomeno in realtà aveva avuto origine in Inghilterra poco meno di una decina prima con l’appassionato lavoro di gente come Alexis Korner e John Mayall. Un grande merito di Wilson fu quello di studiare il Blues con umiltà e serietà, tanto che lo stesso John Lee Hooker nel 1970 – quando i Canned Heat incisero con il grande blesman il leggendario album “Hooker ‘N Heat”, l’ultima incisione cui prese parte Alan – dichiarò di essere rimasto stupito della sua abilità nel seguirlo all’armonica in sala d’incisione. Il gruppo si guadagnò una certa notorietà mediatica per la copertina dell’album “Future Blues” del ’70, in cui venivano rappresentati in un montaggio singolare lo sbarco sulla Luna e l’immagine iconica della bandiera americana piazzata in cima alla collina di Iwo Jima nell’ultimo conflitto mondiale in occasione di una decisiva battaglia nel pacifico contro i giapponese. La copertina stessa e il brano “Poor Moon”, un altro dei gioielli della band, esprimevano chiaramente l’impegno civile e antinucleare di Wilson. Nel doppio CD sono inclusi 20 pezzi che da una parte, assecondando il suo titolo, sono un tributo a Alan Wilson ma che poi possono essere visti come una compilation del meglio dei Canned Heat, sebbene in effetti mancherebbero alcuni dei brani firmati da Hite (su tutto “Let’s Work Together”). Le tracce selezionate sono tratti dagli album più importanti dei Canned Heat: “Canned Heat” (1967), “Boogie with Canned Heat” (1968), “Living the Blues” (1968), “Hallelujah” (1969), “Future Blues” (1970) e “Canned Heat ‘70 Concert Live in Europe” (1970). Nel disco 1 troviamo perle indiscusse come “Help Me”, cover di un pezzo scritto da Sonny Boy Williamson, che rappresenta il debutto come cantante di Wilson nel ’66; da “Boogie with Canned Heat” abbiamo “An Owl Song”, un brano in cui si evidenzia l’utilizzo di strumenti che dimostrano come il gruppo sapesse contaminarsi con il Boogie, “Change My Ways” è pezzo percussivo e rockeggiante, tipico di tante jam californiane dell’epoca, ed anche “Get Off My Back” riflette bene le sonorità di allora con il suo magnifico giro di chitarra.Un altro magnifico brano è “Time Was” (tratto da “Hallelujah”), pubblicato solo qualche settimana prima della partecipazione dei Canned Heat a Woodstock mentre “Nebulosity / Rollin’ & Tumblin’ / Five Owls” ha venature psichedeliche e sperimentali. Sul secondo disco si alternano brani ‘live’ con una serie di pezzi meno consolidati: “Alan’s Intro” poggia sull’introduzione alla slide guitar di Alan per introdurre la “Woodstock Boogie” registrata al Festival di Woodstock, “Skat” è pura improvvisazione sul tipico tempo ‘scat’ delle vocalizzazioni jazz, “Human Condition” è l’ultima incisione in studio di Wilson. C’è un booklet incluso nella confezione con un’ampia introduzione scritta da Skip Taylor e note dettagliate su ognuno dei brani inclusi. (Luigi Lozzi)
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