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Ben E. King – Spanish Harlem (1961/2013)

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Bisognerà (forse) rendersi conto che ad acquistare dischi oggi sono rimasti gli ultraquarantenni e oltre. Solo così si spiega il perché sugli scaffali dei negozi (ma esistono ancora – chiedo provocatoriamente – negozi di dischi?) trovano posto prevalentemente le ristampe; uno status di cui beneficiano coloro che sono alla continua ricerca di materiali vintage trasposti in digitale. Particolari intrecci, poi, intorno ai diritti permettono a etichette emergenti ed agguerrite di farsi largo sul mercato puntando su riedizioni di classici (quasi) dimenticati. Tra i numerosissimi dischi che godono di un trattamento privilegiato che non si limita ad un ordinario lavoro di rimasterizzazione, ma riguarda pure l’aggiunta di bonus track e l’accuratezza di booklet ricchi di notizie e memorabilia, c’è il più classico degli album incisi da Ben E. King, Spanish Harlem (1961, per l’Atlantic, due/tre anni prima che nell’etichetta fondata da Ahmet Ertegün esplodessero Otis Redding, Aretha Franklin, Sam & Dave, Wilson Pickett e Percy Sledge), che contiene l’omonimo, latineggiante title-track, uno degli evergreen più amati di ogni tempo, composto da Phil Spector, Jerry Leiber e Mike Stoller: il primo creatore del “Wall Of Sound” e artefice principe del mutamento degli equilibri della cultura musicale dell’epoca, i secondi autori che a lungo hanno mantenuto un piede nel rock’n’roll ed uno nel R&B. Da poco Benjamin Earl Nelson, dopo aver abbandonato i Drifters di Clyde McPhatter e Rudy Lewis (con cui aveva inciso solo dieci pezzi ma lasciato il segno: un doo-wop che era il passo intermedio tra il gospel e il rhythm’n’blues che approdava al soul), aveva assunto il nome d’arte (Ben E. King) con cui è universalmente conosciuto, per avviarsi ad una carriera solista che immediatamente si rivelava fortunatissima proprio grazie a quel primo singolo inciso nel dicembre del ’60, seguito subito dopo da “Stand by Me”, uno dei pezzi del secolo secondo la Recording Industry Association of America; Rolling Stone ha collocato il brano al 358° posto nella sua classifica ‘All-Time’ delle 500 canzoni più importanti della storia. Lo stesso Ertegun, il creatore della Atlantic, colui che aveva ‘inventato’ il Ray Charles più genuino, ‘primitivo’ e black, definì Ben “uno dei più grandi cantanti nella storia del rock and roll e del rhythm and blues”. Ben che è stato l’essenza stessa del R&B più raffinato, con l’eleganza della sua voce baritonale, si cimentava con altri classici del ‘latin flavor’ (“Perfidia”, “Granada”, “Perhaps, Perhaps, Perhaps”, “Frenesì”, “Bésame Mucho”) e la nuova edizione rimasterizzata vi aggiunge altri dieci brani che ne fanno una sintetica, interessante antologia. Particolarmente importante la pubblicazione di questo disco perché, finora, son circolate in prevalenza compilation antologiche dei maggiori successi di Ben E. King il quale, classe 1938, ancora oggi si esibisce per la nutrita schiera di fan nostalgici. (Luigi Lozzi)


✓ MUSICLETTER.IT © Tutti i diritti riservati - 25 Giugno 2013

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