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Every morning comes the sun con Neil Young & Crazy Horse

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Diciamoci subito la verità: non capita spesso di andare a vedere un concerto rock, così travolgente ed emozionante, come quello che Neil Young e i Crazy Horse hanno tenuto ieri seri a Roma, soprattutto se consideriamo che siamo nel 2013, ovvero in piena tracimazione “indie”, e che i quattro (Young, Talbot, Molina e Sampedro) hanno una media di ben 68 anni. Sì, avete letto bene: 68 anni! Ragion per cui ci rechiamo all’Ippodromo delle Capannelle un po’ frastornati, con un sentimento abbastanza combattuto e persino una domanda nella testa: “Come saremo noi alle soglie dei settant’anni?” Mah! Lasciamo perdere… Arriviamo in largo anticipo e, nonostante le chiacchiere e qualche birra, lo sguardo è quasi sempre rivolto sulle lancette dell’orologio. Fa caldo, anzi, caldissimo. L’attesa è lunga e ci piace immaginare il “giovane” Neil sulla spiaggia di Ostia che guarda il mare in perfetta solitudine. Ci rendiamo conto, però, che la fantasia ci ha preso d’assalto, a tal punto da farci dimenticare che ad aprire il live del cantautore canadese ci sarà nientemeno che Devendra Banhart. Un Devendra che si presenta con i capelli corti e la barba sfoltita e che dà vita, per tre quarti d’ora, a uno show elettrico, piacevole e impeccabile, ma forse – e ribadiamo forse – non proprio adeguato a una platea come quella di Rock in Roma. Il talento c’è tutto, il pubblico apprezza e si diverte, ma si percepisce immediatamente che, questa sera, sono tutti qui solo per ascoltare quella voce inconfondibile che viene dall’America del Nord e per essere travolti da quell’onda sonora fatta di folk, psichedelia, noise e tanta ma tanta poesia. E con Love and Only Love succede proprio così: bastano i primi accordi e la folla va subito in visibilio. È un vortice di chitarre distorte e un Neil Young, vestito di nero, che canta e suona da Dio. Il cuore batte forte. La gente lo acclama canzone dopo canzone, da Powderfinger a Hole in the Sky che introduce la meravigliosa Red Sun, passando per Heart of Gold, Singer Without a Song e addirittura una cover di Bob Dylan (una Blowin’ in The Wind suonata e cantata meglio di Mr. Zimmerman), brani che sembrano concedere un po’ di respiro alla serata. Terminata la parte folk e acustica, si torna a cavalcare sulle note di Ramada Inn e Sedan Delivery sospinte dall’energia e dall’entusiasmo di una formazione sempre puntuale, quantunque non estremamente virtuosa; del resto il rock che piace a noi non ha bisogno di virtuosismi, ma semplicemente di cuore. Quello stesso impulso e quegli stessi sentimenti che animano Surfer Joe and Moe the Sleaze e Rockin’ in the Free World (quest’ultima cantata a squarcigola dagli spettatori) che assieme a Cortez the Killer e Cinnamon Girl suggellano definitivamente, dopo circa due ore, l’esibizione di questi “grandi vecchi del rock”, mentre da lontano scorgiamo uno striscione con su scritto: “Every morning comes the sun” (verso estrapolato da Ramada Inn). Ecco, potrebbe essere proprio questo il leitmotiv con il quale torniamo a casa sereni e decisamente appagati. (Luca D’Ambrosio)

Qui l’intera setlist del concerto del 26.07 a Rock in Roma 2013.

Qui, invece, le foto.


✓ MUSICLETTER.IT © Tutti i diritti riservati - 27 Luglio 2013

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