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Recensione: Giancarlo Onorato – Falene (2004)

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Sono brani lievi e avvolgenti quelli contenuti nel terzo album da solista di Giancarlo Onorato. Frammenti divelti dalle tenebre e sospinti lentamente verso il tepore di un mare notturno, rischiarato da un canto fremente e preso d’amore. Parole di fulgida poesia che scivolano via come Le Bisce d’acqua, confondendo repentinamente il presente e il passato, il Bene e il Nulla. Passaggi di misurato vigore e inconfutabile romanticismo in grado di allietare queste nostre Cronache di primavera macchiate sempre più di Pace di guerra. Un impasto ben amalgamato di rock, folk e pop d’autore che a tratti sembra racchiudere quella stessa partecipazione emotiva tipica di Julian Cope, Robyn Hitchcock e persino di Nick Drake. Con l’apporto del cantautore Paolo Benvegnù, della poetessa Anna Lamberti Bocconi e soprattutto del produttore/autore Mario Congiu, l’ex Underground Life ci consegna un disco appassionante e senza tempo, capace di mettere insieme il fervore poetico di Fabrizio De André (Canzone dell’oscurità, Ballata dell’estate sfinita) con il genio oscuro e piacevolmente incosciente di Amerigo Verardi (già Allison Run). E così, dopo Il Velluto Interiore del 1996 e Io Sono L’Angelo del 1998, Falene si rivela un’opera ammaliante, malinconica e straordinariamente profonda, come lo sguardo rapito della sua copertina che, tra stupore e timore, pare immergersi in un Morbido silenzio. (Luca D’Ambrosio)

Questa recensione è stata pubblicata su ML – n. 6 del 18 aprile 2005


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