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Live review: a Bologna il rock and roll deflagrante dei Buckcherry

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Trinitrotoluene! Se non avete voglia di continuare a leggere, vi basti pensare al composto più noto con l’acronimo TNT come verosimile perifrasi di una performance strepitosa. Ce n’è voluto di tempo affinché anche al pubblico italiano venisse offerta la possibilità di godere dell’onda d’urto della band di Josh Todd e Keith Nelson, suona perciò rinfrancante che, a conti fatti, i californiani Buckcherry abbiano ripagato in soldoni pesanti il tempo perduto. Aprire le danze con una clamorosa Lit up può voler dire due cose: non avere il minimo barlume di pietà per il discutibile opening act (Venrez) e sibilare agli headliner Hardcore Superstar che la palma di migliori della serata non la vinceranno certamente a tavolino. Se Rescue me e un pezzo “live” fino alle viscere come All night long versano ancora ettolitri di benzina sul fuoco, una mazzata come Fall ratifica con fiamme roventi il clima incendiario. Everything giunge quasi come la necessaria risalita dall’apnea rock, un break che sfocia poi nell’ampio respiro della ballata Sorry a cui la band deve parte della sua notorietà e più di qualche spicciolo in banca. Josh Todd è un dannato pervertito, un impasto micidiale di tempra, sesso, gestualità e non ultima la voce al vetriolo, manifesto e caratteristica peculiare dei Buckcherry che ha decantato in crescendo storie torbide, accattivanti e decadenti, senza perdere colpi… Il gruppo al suo fianco è una sgargiante macchina da rock’n’roll e la resa sonora soddisfacente dell’Estragon non fa che evidenziarne le frecce acuminate; fronzoli, manierismo e orpelli non sono di casa, qui si bada alla sostanza e le pillole in omaggio agli eroi mai rinnegati AC/DC (Big balls) e Rolling Stones (Miss you) suonano come vere professioni di fede piuttosto che furbi espedienti, il tutto sotto la simbolica egida del nume tutelare di una “certa” band di Boston che con i suddetti mostri sacri va a sublimare il dna dei Buckcherry stessi. Attorno al midollo solido ed essenziale della sezione ritmica si annodano nervi e muscoli nei riff e nelle svisate di Stevie “The Philippine Nightmare” D. e del co-fondatore Nelson; le loro improvvisazioni lasciano presagire sempre colpi gobbi, come quando ad esempio esplodono in una devastante Crazy Bitch che mette in allarme un servizio d’ordine già pronto a raccogliere i bulloni della struttura. Fatevi un favore, prendete la vostra copia di Live & Loud del 2009, con i suoi filtri e angoli smussati e scaraventatelo serenamente nel cesso senza timore di pentimento; i Buckcherry dal vivo vanno vissuti così, sudici, sporchi e selvaggi. Il rock’n’roll non è mai stata roba per fighetti, non lo sarà mai! (Manuel Fiorelli / 16.11.2013)


✓ MUSICLETTER.IT © Tutti i diritti riservati - 18 Novembre 2013

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