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L’arte perduta delle copertine dei dischi

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Vi è mai capitato di acquistare un disco senza conoscerne minimamente il contenuto musicale, incantati da una copertina particolarmente bella, o da un packaging originale? Da vinili colorati, picture disc, copertine pop-up o illustrate da celebri artisti, così favolose da meritare di essere esposte come opere d’arte (in apposite cornici per LP, in vendita anche all’Ikea)? Il disco (soprattutto il vinile e non il CD, per una questione di dimensioni), è stato infatti spesso non solo un supporto musicale, ma anche un oggetto di “pop art”. Ma cosa riserva il futuro alle nostre tanto amate cover? Ci sarà ancora bisogno di loro una volta che la musica sarà pubblicata esclusivamente in formato digitale? Spariranno o si trasformeranno in qualcosa di diverso? Considerato il profondo legame tra la musica pop e il mondo dell’immagine, probabilmente ci sarà sempre qualcosa di visivo che accompagnerà i file musicali: magari delle gif animate, o dei video interattivi, chi lo sa. Per il momento le copertine dei dischi hanno ancora un ruolo importante, grazie anche alla continua ascesa del mercato del vinile. Inizialmente, le copertine non avevano immagini. Erano, nella maggioranza dei casi, semplici buste di carta a protezione del disco. A partire dagli anni ‘50 le case discografiche le trasformano in strumenti di marketing, ma rimangono per lo più “generiche” fino alla fine degli anni ‘60. Sgt. Pepper’s Lonely Hearts Club Band dei Beatles (1967) inaugura l’era delle copertine artistiche. È anche grazie alla sua acclamata ed imitata copertina, progettata dagli artisti pop inglesi Peter Blake e Jann Haworth, che è diventato uno degli album più significativi dell’epoca. Nel 1967 i Velvet Underground pubblicano il loro album di debutto The Velvet Underground & Nico, con la celebre copertina disegnata da Andy Warhol: su uno sfondo bianco, un adesivo raffigurante una banana gialla, e la scritta “Peel slowly and see”. Chi rimuoveva l’adesivo trovava sotto il disegno di una banana rosa. Tra le copertine più note realizzate in collaborazione con celebri artisti visivi ricordiamo poi Cheap Thrills dei Big Brother & The Holding Company (1968, artwork del fumettista Robert Crumb), Patti Smith (Horses, 1975, foto di Robert Mapplethorpe), Never Mind the Bollocks, Here’s the Sex Pistols (1977, copertina realizzata dall’artista inglese Jamie Reid), la controversa copertina di Appetite for Destruction dei Guns N’ Roses (1987, un dipinto di Robert William), Goo dei Sonic Youth (1990, copertina di Raymond Pettibone), Dangerous di Michael Jackson (1991, copertina dell’artista pop-surrealista Mark Ryden) e più recentemente (dal 1998) i lavori di Jamie Hewlett per i Gorillaz. In Italia, Andrea Pazienza ha disegnato, tra l’altro, copertine per Roberto Vecchioni (Robinson, 1979; Montecristo, 1980; Hollywood Hollywood, 1982; Il grande sogno, 1984), PFM (Passpartù, 1978), Enzo Avitabile (S.O.S. Brothers, 1986). Hugo Pratt ha illustrato Mari del Sud di Sergio Endrigo (1982), Milo Manara Tango dei Miracoli di David Riondino (1987) e La Grande Avventura di Riccardo Cocciante (1988), Guido Crepax Come sei bella de I camaleonti (1973) e Per una donna di Massimo Ranieri (1975), Altan Noir di Enrico Rava (1996), Tanino Liberatore The Man from Utopia di Frank Zappa (1983). Per quanto riguarda l’ultimo decennio, meritano una citazione le numerose copertine disegnate da Alessandro Baronciani, che hanno forgiato una certa estetica indie italiana (Altro, Bugo, Tre Allegri Ragazzi Morti, Baustelle). Significativa è anche la produzione di Davide Toffolo, fumettista, illustratore ma anche musicista (Tre Allegri Ragazzi Morti). Ricordiamo inoltre le copertine di Igort per i Rio Mezzanino (Economy With Upgrade, 2008), Gipi per Le Luci della Centrale Elettrica (Canzoni da spiaggia deturpata, 2008), David Diavù Vecchiato per Luca Sapio (Who Knows, 2012), Otto Gabos per Marco Rovelli (LibertAria, 2009), Ericailcane per Comaneci (You a lie, 2009). Di musica ed illustrazione abbiamo parlato con Tanino Liberatore, Alessandro Baronciani, Davide Toffolo ed Erica Calardo. Tanino Liberatore (vero nome Gaetano Liberatore, nato a Quadri, CH, nel 1953), è fumettista, illustratore e pittore. È celebre soprattutto per il personaggio Rank Xerox (poi Ranxerox), ideato dall’amico Stefano Tamburini e disegnato inizialmente da Tamburini con la collaborazione di Andrea Pazienza e Liberatore. Dal 1980 Liberatore ne diventa il disegnatore ufficiale. Nel 1980 esce il primo numero di Frigidaire, rivista di fumetti, musica, inchieste giornalistiche ed altro fondata da Liberatore insieme a Vincenzo Sparagna, Tamburini, Filippo Scòzzari, Pazienza e Massimo Mattioli. Dal 1982 vive e lavora in Francia. Fanatico di musica, soprattutto americana e inglese, dal 1974 al 1978 disegna copertine di dischi per la RCA italiana. “Le copertine che ho realizzato per la RCA non erano copertine con un concept, come quella che ho creato in seguito per Frank Zappa”, afferma, “A volte me le chiedevano la mattina e dovevo consegnarle il pomeriggio, per cui non erano molto studiate. Le copertine più elaborate tra quelle che ho creato per l’RCA furono quelle realizzate per I Lupi e Agnese dolce Agnese di Ivan Graziani”. Nel 1983 realizza la copertina dell’album The Man from Utopia di Frank Zappa. Una ragazza si presenta da Zappa come giornalista, con in mano una copia di Ranxerox. Al musicista piace il fumetto e fa contattare Liberatore e Tamburini. “All’inizio voleva fare addirittura una storia a fumetti su tutto il suo tour italiano, che è stato una tragedia per lui”, ricorda divertito Liberatore, “ma poi si è fatta solo la copertina. Zappa voleva metterci dentro tutto quello che gli era successo: le zanzare, gli organizzatori che pensavano più a sniffare coca che a organizzare… Siccome non amo le copertine in cui ci sono troppi elementi, gli ho proposto di occuparmi io del davanti, e nel retro avrei messo tutto quello che voleva lui. Quindi ho fatto lo schizzo della copertina e ci ho messo questo cazzo di ammazza mosche. Mi sembrava troppo, così l’ho sgommato. Ma sai, con la gomma non va mai via tutto… Lui l’ha visto e ha detto: perché l’hai tolto? Con Zappa è stato fantastico, si è instaurato veramente un buon rapporto, penalizzato purtroppo dal fatto che non parlo inglese”. Tanino riesce ad incontrare un altro dei suoi idoli musicali, Miles Davis, ma sfortunatamente la collaborazione non si concretizza, per colpa di “intermediari poco simpatici”. “Miles Davis andò al Nancy Jazz Festival qui in Francia”, racconta l’artista, “e quell’anno avevo disegnato io il manifesto. C’era una nera un po’ strana con uno strumento inventato, una specie di sassofono. Davis vide questo disegno e si fece procurare gli altri miei lavori. Poi ha voluto incontrarmi e mi ha detto: ‘guarda che cosa ho disegnato da quando ho visto i tuoi lavori’. Aveva iniziato a disegnare solo fiche e cazzi (ride – NdA). Il fatto è che nel mio lavoro, soprattutto Ranxerox, di fiche e cazzi ce ne sono pochissimi. Evidentemente è il modo in cui disegno che fa venire a galla… l’allupato sessuale che sono…”. Non è invece mai riuscito ad incontrare il suo terzo mito musicale, Robert Wyatt, né a collaborare con lui. Anche se, alla fine degli anni ‘70, realizza un manifesto ispirato alla sua musica: “Era un ritratto di Wyatt, e sopra ci stavano degli insetti iperrealisti che si muovevano. Tutto questo muovere di insetti era ciò che mi evocava la musica di Robert Wyatt all’epoca. Ho regalato questo manifesto a Tamburini, che poi aveva bisogno di qualcuno di quegli insetti e l’ha fatto a pezzi. Mi sono incazzato forte!”. Più recentemente, Tanino realizza copertine per i dischi di Pacifico (Dolci Frutti Tropicali, del 2006) e The Bloody Beetroots (Romborama, 2009). Di quest’ultimo racconta: “Bob (Sir Bob Cornelius Rifo, alias The Bloody Beetroots – nda) era un ragazzino dalle idee molto chiare quando abbiamo fatto il primo disco. Da allora è diventato una star. Ho finito proprio ora di disegnare la seconda copertina per lui. Davanti c’è lui, con una mezza Lubna (personaggio di Ranxerox – NdA), si basa su una copertina di Ranxerox ma modificata, invece dietro ci sono tutti i personaggi che hanno partecipato al disco, tra cui Paul Mccartney, Tommy Lee, Peter Frampton. L’uscita del disco è prevista per settembre”. Chiedo a Tanino che senso ha oggi, per lui, l’artwork dei dischi. “Non lo so. Bisogna dire che c’è questo mercato parallelo del vinile che si è riaperto, ma comunque è sempre una nicchia. Diciamo che i presupposti e le necessità sono diverse. Mentre il 33 giri era abbastanza grande e potevi sviluppare un certo tipo di discorso, di disegno, adesso bisogna trovare quel… quid… tipo un logo, un’immagine che salti all’occhio in mezzo a questa marea di immagini e informazioni che abbiamo sullo schermo del computer”. Dopo aver lavorato per un lungo periodo “con il computer”, da qualche anno Liberatore è “tornato all’analogico”. “Sto lavorando su grandi dimensioni (esattamente il contrario di quanto facessi prima)”, racconta, “olio e carboncino sono i medium che utilizzo di più in questo momento. Sto cercando di passare dall’illustrazione alla pittura e non è una cosa così scontata”. Nato a Pordenone nel 1965, Davide Toffolo è fumettista, cantante-chitarrista dei Tre Allegri Ragazzi Morti e titolare dell’etichetta indie La Tempesta. Tra gli artisti che l’hanno inspirato nel corso della sua vita cita “Stan Lee, Magnus, Moebius, Paz (Andrea Pazienza – NdA), Scòzzari, Liberatore, Crumb, Burns, i fratelli Hernandez, Tezuka” e tanti altri. Afferma di aver sempre amato “i disegnatori di fumetti, o meglio i loro segni nelle copertine dei dischi. Crumb, Charles Burns per Iggy Pop (Brick by Brick – nda), Paz, Liberatore. Perché, come la musica, anche i segni hanno dentro un mondo intero. Io ho disegnato poche copertine per altri, ma ho elaborato un immaginario complesso per i TARM: cinquecento pagine di fumetti, il ‘romanzo di fondazione’ Cinque allegri ragazzi morti, tanti video in animazione, una decina di dischi, magliette e merce varia. E poi una maschera, che è la cosa più importante. Mi piacerebbe disegnare le copertine dei dischi di Giorgio Canali. Tutte. Magari lo farò quando ripubblicheremo tutta la discografia antologica. Le copertine sono una cosa delicata. Io non sono un grafico, per questo motivo molte intuizioni o disegni miei vengono poi sviluppati da grafici. Negli ultimi dischi questa collaborazione è stata con Alessandro Baronciani”. Da pochi mesi è uscito il settimo album dei TARM, Nel Giardino dei Fantasmi, come sempre con una copertina incantevole ed originale. “La copertina concettualmente è stata immaginata da Enrico Molteni (il bassista dei TARM – NdA)”, racconta Toffolo, “Aveva in mente uno scorrimento in orizzontale per la versione da youtube, e da quello sono partito. Prima ho fatto un disegno lungo dove c’erano dentro fantasmi vari del nostro immaginario: dal Señor Tonto a Marcella, al Gorilla Bianco, fino a noi nella versione stilizzata di quest’anno. Il concept ormai era stabilito. Abbiamo deciso di assegnare un fantasma ad ogni canzone, e di farle immaginare a Canedicoda, che in collaborazione con me ha realizzato i costumi dei fantasmi. A quel punto io li ho disegnati. Ma la copertina ha davvero preso la sua forma con l’arrivo di Alessandro (Baronciani – NdA), che con uno dei suoi colpi di genio ha ribaltato il lato di apertura dell’oggetto CD, così a quel punto la copertina è diventata proprio uno dei fantasmi, il disegno di noi tre. Ricapitolando: i disegni li ho fatti io, lo styling dei personaggi Canedicoda, la grafica e i colori Baronciani”. Progetti futuri? “Il prossimo progetto è una specie di salto mortale carpiato. Una mia autobiografia dove definitivamente divento un personaggio dei fumetti. La storia mia e del mio uccello. Un buon argomento di vendita. E poi sto lavorando alla raccolta di tutto il materiale grafico dei Ragazzi Morti, vent’anni nei quali tanti artisti hanno partecipato alla realizzazione di un immaginario unico”. Nato a Pesaro nel 1975, Alessandro Baronciani lavora come grafico per Universal, Mescal e La Tempesta. Ha illustrato tutte le copertine degli Altro, il gruppo punk in cui suona la chitarra e canta, “e poi, partendo dalla provincia: Sprinzi, Camillas, Afraid!, Ronin, Ovo, Tre Allegri Ragazzi Morti, Baustelle, Bugo, Sick Tamburo, Disco Drive, Perturbazione, Raein, e altre”. Quella di cui è più orgoglioso è quella per i Baustelle (Cofanetto illustrato della giovinezza, 2010). “Mi è piaciuto come siamo arrivati alla copertina”, racconta, “È stato il lavoro del grafico come me lo sono sempre immaginato, cioè tirare fuori, sistemare e fissare sulla carta le idee della band. La maieutica del grafico. Alle volte basta pochissimo. Ad esempio l’idea della copertina degli Afraid! è nata dalla email che mi ha mandato Andrea, il chitarrista. C’era scritto: ‘fai quello che ti pare. Cigno’. E quindi ho realizzato la copertina che si apriva a forma di cigno. Poi ho scoperto che ‘cigno’ era il soprannome di Andrea”. Per Alessandro, le più belle copertine illustrate da artisti italiani sono state “quelle degli anni ‘80 di Pazienza e Liberatore. Fantastica quella realizzata per Zappa: ha disegnato un intero stadio pieno di gente, e li ha disegnati uno per uno, senza il computer! Se parliamo di scena punk-underground mi vengono in mente le copertine di Stiv Valli della T.V.O.R. Tra gli studi più interessanti oggi penso a Legno, che si occupa di grafica, di serigrafia, ma anche della tiratura di dischi in vinile. Quello che manca forse è un’etichetta discografica con un’idea di grafica coraggiosa, come lo furono la 4AD o la Dischord, di cui compravo i dischi anche e soltanto per la copertina”. Qual è per Alessandro il futuro che spetta a queste piccole opere d’arte? “Chi lo sa? La copertina è stato un meraviglioso superfluo dell’età dei supporti. Certo l’iPod senza copertina del disco è triste”. Il 15 aprile è uscito Raccolta, il suo nuovo volume a fumetti: “In questi anni avevo collezionato tantissime storie brevi che volevo chiudere in un libro. Sono racconti a fumetti molto diversi da quelli dei miei libri. Ma non trovavo un formato adatto. È stata la casa editrice, la Bao Publishing, a farmi venire in mente l’idea ultra pocket, quando mi hanno detto che avrebbero fatto uscire contemporaneamente la versione digitale. Sia su carta sia sull’iPhone, te lo puoi sfogliare con un dito e nello stesso formato”. Piccola curiosità: il brano di Colapesce Quando tutto diventò blu (dall’album Un Meraviglioso Declino, 2012) è ispirato all’omonima graphic novel di Baronciani: “Forse nascerà una collaborazione”, ci confida l’artista pesarese, “ma solo se mi fa passare le vacanze nella sua Sicilia”. Pittrice e illustratrice, Erica Calardo (nata a Genova nel 1980) attualmente vive e lavora a Bologna. È co-fondatrice (con il compagno Paolo Clericuzio e Andrea Zita) dell’etichetta discografica indipendente Soupy Records (che produce soltanto 45 giri in vinile), di cui cura la grafica. Nata a Campobasso nel 2009, Soupy è, spiega la Calardo, “la sintesi delle nostre passioni/ossessioni. Io ho sempre amato l’Arte, mentre Paolo e Andrea sono DJ e collezionisti di vinile. Io leggevo Juxtapoz e Hi-Fructose, innamorandomi dei dischi della Sympathy for the Records Industry (soprattutto) per le loro copertine. Paolo e Andrea sono cresciuti a suon di garage, soul e punk rock. Soupy è sintetizzata da nostro logo, una zuppa di ramen stilizzata, in cui galleggiano dischi neri con label ciano, magenta e giallo… è il simbolo della nostra idea di fusione fra arte e musica: un piatto con ingredienti ben distinti fra loro la cui giustapposizione crea un sapore completamente nuovo. Quella di stampare solo dischi in vinile non è stata una vera scelta, non avremmo potuto fare altrimenti. Paolo e Andrea non hanno mai comprato CD. Per noi il disco è in vinile. Punto”. Sul sito di Soupy Records si legge: “L’etichetta mira a fondere i contenuti musicali con le arti figurative. Ogni copertina è affidata, infatti, ad artisti emergenti o poco conosciuti nel campo delle arti visive, per cercare di rendere ogni disco un oggetto d’arte a 360 gradi”. Alla faccia degli anonimi e insipidi file audio! “Io e i miei soci siamo terribilmente all’antica”, confessa Erica, “Nel mio studio si usano solo tecniche tradizionali. Il digitale è relegato ad un ruolo di supporto. Le cose mi piace toccarle e annusarle, tenerle in mano, guardarle. Mi piace che un disco abbia una personalità individuale: non può e non deve trattarsi di una mera sequenza di 1 e 0 archiviata in un hard disk”. Una produzione Soupy illustrata (meravigliosamente) dalla stessa Erica è You Better Find Out dei The Pamela Tiffins. “You Better Find Out è punk rock puro (…) Ho ascoltato questo disco e ho pensato ad Hawah, la bimba con la mela, uno dei miei pezzi più ‘in stile’ con il Pop Surrealismo americano. Da Eva a Biancaneve c’è il filo rosso del principio femminile associato al male, al peccato e simbolizzato da una mela (in latino malum è male ed è mela), in questo caso candita: non sono così seria. Hawah è la mia riflessione sulla donna, sul femminile. Una riflessione un po’ polemica, e ho voluto associarla ad una band che adoro, in cui convivono e hanno lo stesso peso il principio maschile e quello femminile”. Ma Soupy non si limita alla produzione di deliziosi dischetti in vinile. “È un momento difficile per la piccola discografia indipendente”, racconta Erica, “Ci dedichiamo moltissimo alla produzione di merchandising, ramo sicuramente più remunerativo: t-shirt, spillette, shopper”. Molti di questi oggetti sono disegnati da Erica stessa, altri da artisti emergenti quali la pittrice Ania Tomicka, la fumettista Flavia Biondi, Alpe Tiffin e tanti altri. Per quanto riguarda il futuro prossimo di Erica, l’aspettano tante collettive e la sua “prima personale italiana: Festino Baroco (in autunno da Mondo Bizzarro Gallery, a Roma)”. (Jessica Dainese)

Articolo pubblicato il 25 maggio 2013 su Alias e ripubblicato su Musicletter.it per gentile concessione dell’autrice.


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