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Recensione: Dead Meadow – Feathers (2005)

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Quarta fatica per i Dead Meadow, formazione di Washington, D.C., che torna a farsi sentire con un album estremamente intenso che, finalmente, premia il talento di Jason Simon & soci. Un lavoro pieno zeppo di chitarre psichedeliche e di ritmiche vigorose che, in alcuni momenti, dà l’impressione di ripercorrere certe traiettorie neopsichedeliche degli Stone Roses (ascoltate per esempio Such Hawks Such Hounds e diteci se non sembra uscita da quel capolavoro del 1989). Una mistura ben proporzionata di sonorità lisergiche e corroboranti che li fa apparire come i Kyuss a braccetto con i Pink Floyd (Let’s jump in) o come gli Ozric Tentacles e i Porcupine Tree che tendono la mano agli Spiritualized e ai Black Sabbath (Through The Gates Of The Sleepy Silver Door e Untitled). Un disco che sa essere tanto energico quanto ovattato e che trova il suo episodio migliore nell’estasiante Stacy’s song, un brano carico di pathos che sottolinea tutta la bellezza di Feathers. Un’altra piacevole sorpresa del 2005.[1] (Luca D’Ambrosio)

[1]Recensione pubblicata su ML – n. 16 del 10 settembre 2005


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