A distanza di qualche anno da quel timido approccio critico in cui il sottoscritto recensiva quella meraviglia senza tempo di Linton Kwesi Johnson intitolata Bass Culture[1], eccomi qui a parlare nuovamente di un’altra eccellente opera dub collocabile questa volta in quel sottogenere reggae chiamato dancehall. Dub Roots – questo è il titolo del disco in questione – è uno degli album più emozionanti e trascinanti che possa essermi capitato di ascoltare in questi ultimi anni e molto probabilmente, considerate le pochissime informazioni rinvenute al riguardo, anche uno dei lavori più bistrattati e sottovalutati dell’universo musicale giamaicano. Pubblicato originariamente nel 1980 e ristampato nel 2005, il disco vede la luce subito dopo che Douglas Levy (ingegnere e produttore che per l’occasione decide di firmarsi Prince Douglas) ha modo di ascoltare un nastro di Sly & Robbie con alcune loro versioni dei successi di Joe Gibbs (1948-2005). Il tempo, quindi, di mettere insieme alcuni validi musicisti come Jerry Johnson, Clive Plummer, Joe Issacs e Jerry Hitster, ed ecco che il capolavoro prende immediatamente forma attraverso ritmi in levare e splendide manipolazioni. Molti dei riddim e dei brani elaborati da Prince Douglas come per esempio March Down Babylon Dub (con Bullwackie al microfono in veste di Chosen Brothers), Tongue Shall Tell Dub (con la voce di Wayne Jarrett) e Sunshine Dub sono, infatti, ritagli e rimaneggiamenti di tracce quali Handsworth Revolution degli Steel Pulse, Every Tongue Shall Tell di Andy Horace e Sunshine People di Beres Hammond. Intenso e vibrante come soltanto i grandi album sanno esserlo, Dub Roots è una piacevole riscoperta il cui merito si deve innanzitutto alla Wackie’s (di cui lo stesso Levy fece parte del progetto iniziale assieme a Lloyd “Bullwackie” Barnes e Jah Upton) e alla tedesca Basic Channel, ma anche a quei lettori e a quegli amici che più volte mi hanno sollecitato a trattare un genere molto spesso dimenticato anche da questa non-rivista. Pietra miliare della scena dub-reggae, se ne consiglia un ascolto particolarmente d’estate, al calar del sole e magari distesi su una comoda amaca. Essenziale quanto il battito del cuore. God bless you, Prince Douglas! (Luca D’Ambrosio)
[1]Recensione pubblicata su ML – Update n. 65 del 6 giugno 2009
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