A scanso di equivoci la prima cosa che va detta è che i Motorama di cui mi appresto a parlare non hanno nulla che vedere con la band italiana e tanto meno con quella argentina. I Motorama in questione sono russi, anche se la formazione di Rostov sul Don con questo primo album autoprodotto attinge a piene mani da quella cultura anglofona di fine anni ’70 e inizio anni ’80; potere della musica, ma soprattutto forza della globalizzazione che, con la caduta del muro di Berlino, ha prodotto (nel bene e nel male) dei profondi cambiamenti culturali (e non solo). Alps è, difatti, un piacevolissimo disco dalle sonorità new wave che ripercorre quelle traiettorie già tracciate da formazioni come Joy Divison, Echo & the Bunnymen, Interpol, National, Pains Being Pure at Heart e che potrebbe essere collocato in quel movimento cosiddetto post-punk revival molto in voga negli anni zero. Ciò che infatti colpisce di Vladislav Parshin (voce e chitarre), Irina Marchenko (basso), Roman Belenkiy (batteria), Alexander Norets (tastiere) e Maxim Polivanov (chitarre) non è tanto l’originalità della musica realizzata quanto, invece, la naturalezza con cui suonano ciascun pezzo del disco (tutti cantati in inglese da Parshin alla maniera di Paul Banks) che li rende, almeno per chi scrive, di gran lunga superiori a gruppi come, per esempio, gli Editors. Questione di gusti personali, ovvio, tuttavia i Motorama con questo primo lavoro sulla lunga distanza hanno dimostrato di avere talento e personalità, e per capirlo basta ascoltare Northern Seaside, Warm Eyelids oppure ancora la splendida Ghost che riecheggia, addirittura, qualcosa dei Magnetic Fields. Brani che hanno saputo conquistarmi fin dalle prime battute e che vanno oltre il puro e semplice esercizio di stile. È evidente però che non sono qui a gridare al capolavoro, lungi da me, quantunque Alps mi abbia in qualche modo stregato. (Luca D’Ambrosio)
[1]Recensione pubblicata su ML – Update n. 72 del 4 agosto 2010
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