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Recensione: World Party – Goodbye Jumbo (1990)

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Non so quanti di voi ricorderanno i World Party di Karl Wallinger ma per chi scrive il progetto solista dell’ex Waterboys rappresenta, a distanza di due decenni, uno dei punti di riferimento di quel movimento d’estrazione Sixties che, a cavallo tra la fine degli anni Ottanta e gli inizi degli anni Novanta, avrebbe contribuito alla nascita del Britpop alla stregua dei suoi più illustri rappresentanti quali La’s, Stone Roses, Blur, Verve e Oasis. L’opportunità della riscoperta dei World Party, e in particolar modo di Goodbye Jumbo, ci è data non tanto dalla celebrazione del suo ventesimo anniversario [1] quanto, invece, da una più che casuale e banale riorganizzazione primaverile dei miei “materiali sonori”; gradevole passatempo che spesso mi fa riportare alla luce gemme di ordinaria bellezza inghiottite dal tempo e dimenticate dai critici. E qui scattano le domande. Sarà forse che l’indie cultore a forza di scavare il “fondo del barile” rischia di trascurare certi lavori così belli e così straordinariamente popolari? Oppure sarà colpa di un retaggio culturale che nel corso degli anni, vuoi per svogliatezza, vuoi per consuetudine o vuoi ancora per un eccessivo atteggiamento anticonformista, ci ha portato a omettere di default certi piccoli capolavori? Mah… Comunque, al di là della ricerca di una spiegazione ben precisa, ciò che risulta evidente è che Goodbye Jumbo è uno di quei dischi che molti recensori hanno relegato nell’oblio. Non a caso infatti, soprattutto in quest’ultimo decennio, non si è fatto altro che produrre e tessere lodi sperticate per dischi perlopiù carini ma spesso manieristici e irrilevanti. Un comportamento che ha generato confusione e che ci ha fatto ignorare fatiche discografiche ben più rilevanti come, appunto, questo secondo album del multistrumentista gallese che, tre anni dopo Private Revolution, realizza uno dei lavori più cristallini del british sound e di quello che oggi potremmo tranquillamente definire “pop contemporaneo”. Composto, suonato, arrangiato e naturalmente cantato dallo stesso Karl Wallinger, Goodbye Jumbo è l’opera migliore di un artista che in un solo colpo riesce a frullare i Beatles, Donovan e Prince mettendo in luce melodie a tutto tondo poggiate su basso/batteria/chitarra e capaci di riempirsi anche di spunti orchestrali, cori, sonorità sintetizzate e battiti elettronici. Con questo disco Wallinger scrive testi di protesta ambientalista (del resto lo si può intuire già dalla sua immagine di copertina) che, tuttavia, non perdono mai la speranza per il futuro e che oltretutto sanno parlare al cuore e all’io più profondo. Basta ascoltare canzoni come Way Down Now, Put The Message In The Box, Take It Up e Love Street e vi renderete conto che difficilmente riuscirete a togliervele dalla testa. (L.D.)

[1]Recensione pubblicata su ML – Update n. 71 del 4 giugno 2010



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