“Preferisco morire in piedi che vivere in ginocchio” scriveva Stéphane Charbonnier, direttore della rivista satirica francese Charlie Hebdo, ucciso barbaramente il 7 gennaio 2015 a Parigi in nome di Allah assieme ai suoi colleghi e ad altri collaboratori. Parole che Charbonnier amava ripetere a gran voce come un partigiano ogni qual volta che la redazione veniva minacciata da un fondamentalista qualsiasi e che oggi risuonano come un nuovo esempio di Resistenza. Un’idea di resistenza che va oltre la sua tradizionale accezione legata al passato e che la vuole antagonista di un governo ingiusto e dittatoriale, bensì come concetto assoluto da applicare nel quotidiano per tentare di osteggiare qualsiasi forma di violenza e prevaricazione, ma soprattutto per garantire la libertà di espressione di ogni singolo individuo. Quel “preferisco morire in piedi che vivere in ginocchio” non è altro che un’urgenza di libertà e dignità che ognuno di noi dovrebbe far propria in qualsiasi momento della vita, non solo per se stessi, ma per il bene e la pace di tutta l’umanità: per non essere complici di orrori e ingiustizie. È questa, insomma, oggi più che mai, la mia visione di resistenza. Un modo diverso e attuale di spiegare alle nuove generazioni il significato della parola “partigiano”. (L.D.)
Christophe Aleveque canta “Bella Ciao”.
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