Non c’è un motivo speciale per ricordare oggi gli X-Ray Spex: né una ormai impossibile Band Reunion e ovviamente nemmeno una nuova uscita. Quasi quattro anni dopo la scomparsa della mitica cantante Poly Styrene, probabilmente il solo motivo che avremo di parlare di loro in futuro sarà per chiederci perché un gruppo così significativo per chi ha vissuto i primi anni punk sia oggi dimenticato dai più. Oggi in effetti tante cose sono cambiate, in un modo che non avevamo previsto: Iggy Pop fa pubblicità in TV e le ragazzine comprano la t-shirt dei Ramones perché è bella e va di moda. Forse è normale anche che sociologi da strapazzo ci spieghino cosa sia stato il punk e perché sia stato un fenomeno di società o una moda passeggera, o tutti e due, magari nello stesso articolo in cui ci parlano di calcio o dei migliori casinò online. E forse è normale perfino che in tutto questo non si parli più di un gruppo che si definiva “deliberate underachievers” e che fece certamente ben poco per perpetuare nel tempo il successo della sua musica. Eppure all’epoca quello che fece Poly Styrene (al secolo Marianne Joan Elliott-Said) non aveva niente di ordinario: scappata di casa a 15 anni per assistere ai festival musicali dell’epoca, incise l’anno successivo un primo disco reggae; e dopo aver festeggiato il suo diciottesimo compleanno a un concerto dei Pistols, mise un annuncio sul Melody Maker per cercare “giovani punx che vogliono stare insieme”. Con i musicisti che risposero all’annuncio fondò gli X-Ray Spex, che furono tra i protagonisti, insieme a Pistols e UK Subs, del mitico Live At The Roxy del 1977 (lo stesso da cui furono cacciati i Crass). Poly era un’eroina del tutto improbabile e sembrava non avere niente di particolarmente carismatico: piccolina, scurissima (la leggenda dice che il padre fosse un nobiluomo somalo in esilio), con l’apparecchio ai denti, un’aria perennemente distratta, accompagnata sul palco da una giovanissima sassofonista (cosa del tutto inusuale nei primi gruppi punk), la ragazzina esordì mettendosi in testa un casco militare e gli occhialoni di Snoopy contro il barone rosso per dire al mondo “Some people think little girls should be seen and not heard. Well, I think Oh! Bondage, Up Yours!”. Questo primo brano (Oh Bondage Up Yours!, appunto) divenne un single cui seguì l’unico LP del gruppo Germ Free Adolescents, in cui troneggia la splendida e disperata Identity (“When you look in the mirror / Do you smash it quick / Do you take the glass / And slash your wrists”), insieme alla magnifica I Live Off You, che forse più di tutte rende giustizia al sorprendente sassofono di Lora Logic. Riascoltati tanti anni dopo, i ritmi e il suono sono forse appena invecchiati, ma le emozioni certamente no. Molti dei testi sono perfettamente attuali: I Am A Poseur sembra scritta oggi (“I am a poseur and I don’t care / I like to make people stare / Exhibition is the name / Voyeurism is the game”). La storia degli X-Ray Spex finisce qui, appena cominciata. Negli oltre 35 anni passati da allora, si possono segnalare unicamente una effimera Band Reunion del 1991 e due album solo di Poly (Translucence e Generation Indigo, l’ultimo dei due pubblicato subito prima della sua scomparsa nel 2011), gemme strappate a una vita particolarmente travagliata e sofferta. Prima di lasciarci a soli 53 anni, Poly ha avuto la gioia di cantare Oh Bondage, Up Yours davanti a numerosi fan al Roundhouse di Londra insieme all’unica figlia Celeste e all’amica Zillah Minx (la cantante dei Rubella Ballet). Il primo video che segue è una chicca per i nostalgici e per chi non c’era; sul palco Poly aveva ancora la stessa carica e lo stesso contagioso entusiasmo del mitico 1977. (Romeo Vegas)
Live 2008 al Roundhouse di Londra
Il video del giorno in cui Poly entrò nel mito (purtroppo il suono non è quello originale)
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✓ MUSICLETTER.IT © Tutti i diritti riservati - 26 Gennaio 2015