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NODe: la rivoluzione artigianale del beat digitale (intervista)

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Si intitola Human Machine il nuovo capitolo dei NODe, di ritorno in scena dopo neanche due anni dall’ultimo lavoro dal titolo Tragic Technology Inc. Un mantecato di snellissimo pop in un intrico digitale da videogame quasi a ricalcare la scena dei più famosi Daft Punk. Un video che avremmo preferito vedere in toni più “cibernetici” e meno terreni. Un lavoro che sazia la voglia di chi cerca la trasgressione computerizzata da contrapporre alla normalità quotidiana dei suoni reali o presunti tali, senza privarsi di una forma canzone tradizionale anche se ben mascherata. Di seguito la bella e interessante chiacchierata. Buona lettura.

Intervista ai NODe di Alessandro Riva

In questo nuovo disco avete introdotto del materiale acustico oltre alle voci. Perché?
Stiamo solo cercando di rinnovarci ogni volta che possiamo, questo disco necessitava, più che di suoni acustici, di tocchi umani. Arrivare all’essenza del titolo non poteva essere fatto in altro modo, ecco il perchè di una batteria suonata da un essere umano e delle voci femminili per ampliare la gamma esistenziale anche all’altro sesso, al complesso dei generi umani. Non siamo dogmatici, oggi è andata così, magari il prossimo disco richiederà cose agli antipodi di questo e seguiremo l’ispirazione, non è detto che una volta scelta una strada la si debba continuare all’infinito.

Psichedelia e mondo visionario. Vi state per caso nascondendo? Oppure vi state immaginando in altra natura e forma?
Non è una fuga dalla realtà, non abbiamo bisogno di nasconderci, non ora o meglio, non ancora, siamo ancora al confine della visibilità. Questo per l’aspetto pubblico delle nostre immagini di musicisti.
Personalmente, in quanto autore delle canzoni (Lubvic), nella composizione dei brani seguo sempre un rigoroso principio di non rigore, immagino brevi visioni, storie, spaccati di esistenza (im)possibile e li congelo nelle canzoni, che nascono, il più delle volte, da intuizioni improvvise, così come le ascoltate arrangiate, direttamente nella testa. Saranno messaggi mentali inviati dagli alieni?

L’Italia come risponde a questo mondo discografico?
L’italia risponde poco, purtroppo, stiamo avendo molto più riscontro all’estero che nel nostro paese e questo ci rattrista molto. Non bisogna fare discorsi troppo generalizzati ma in questo momento credo che la musica in Italia sia un mostro informe, almeno alle orecchie degli addetti ai lavori che si affannano a trovare qualcosa che possa assicurargli il piatto a tavola tutte le sere. Ovviamente le cose che possono funzionare, secondo il modo di ragionare diffuso, sono quelle che seguono le mode, che fanno poca innovazione e che non si discostano dal già sentito o dal rassicurante, quindi noi siamo un fenomeno trasversale in tutto questo. Ultima considerazione la farei sulla lingua utilizzata, siamo il paese meno alfabetizzato in lingua anglofona che ci sia tra quelli industrializzati e chi ascolta e non capisce le parole di ciò che sente non può legarsi affettivamente ad una canzone, non sempre almeno, a meno che non venga bombardato dalla mattina alla sera da quelli di prima, da quelli del piatto a tavola (detto con il massimo rispetto).

Tralasciando la crisi: le persone di oggi sono pronte ad una simile musica?
Forse non nel nostro paese, per tutto ciò detto poco più sopra, anche se notiamo che molto lentamente stanno avvenendo dei cambiamenti. Noi non facciamo musica “facile”, bisogna ascoltare i molti livelli sonori presenti, ci sono riferimenti culturali numerosi che forse non possono essere percepiti da tutti, ma nel complesso utilizziamo anche un livello molto meno impegnativo, che si lascia ballare e comprendere in modo viscerale. Siamo una spece di matrioska della musica, più vai in fondo e più le cose che trovi sono piccole e preziose.

Avete introdotto dei “riferimenti” al pop-rock attuale o sbaglio? Perché?
Sì, in verità ci sono riferimenti a tutto il nostro mondo musicale, a tutto il bagaglio di ascolti compiuti negli anni, di tutti i generi più disparati. In ogni brano c’è una rielaborazione di ciò che abbiamo assimilato negli anni. Non è un’impellenza essere attuali, come non ci interessa essere retrò, non pretendiamo di essere avanti con i tempi, magari ci paicerebbe essere completamente furoi da tutto ciò, un’alternativa attaulizzabile quando si vuole.

L’uomo e la macchina. L’uomo è una macchina. La vostra musica?
La seconda che hai scritto. L’uomo è una macchina, una macchina interessante, ha la struttura meccanica, i fluidi, un impianto elettrico/neurale… In poche parole, è meravigliosa, anche vista come contenitore di sentimenti e pensieri. La nostra musica è umana, fondamentalmente nasce dal nostro cervello ma nasconde una forte componente meccanica dovuta dagli strumenti suonati dalla nostra “macchina umana” ed una numerica , legata alle strutture matematiche della musica stessa, che, croce e delizia, costringe tutti entro i suoi limiti e ci spinge a superarli di continuo. La musica è come l’uomo, mostruosamente complessa nelle sue stimolazioni e meravigliosamente semplice nei suoi effetti.



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