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Il concerto dei Blonde Redhead all’Orion Club: ecco il nostro resoconto.

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È un Orion Club non eccessivamente affollato ad accogliere questa sera i Blonde Redhead. Ciononostante il pubblico è quello giusto: attento e composto come pochi se ne vedono. Dall’altra parte invece ci sono loro, i nostri beniamini dell’alternative rock, che – dopo l’apertura affidata ai Platonick Dive – si presentano davanti alla platea romana in buona forma, aprendo subito le danze con Barragán e Lady M, così, tanto per ricordare la loro ultima fatica in studio. L’atmosfera è tranquilla, nel senso che non si avverte alcun segno di agitazione, sia sul palco, dove il trio è concentrato nell’esecuzione di ogni pezzo, che da questa parte, con gli spettatori che seguono l’esibizione della band in religioso e ossequioso silenzio, tranne poi sfoderare un caloroso applauso al termine di ogni brano. È un rituale che si ripete: da Falling Man a Doll is Mine, passando per Love or Prison e No More Honey, anche se più di qualcuno è lì per ascoltare qualche perla di quel Melody of Certain Damaged Lemons che tanto ci fece innamorare del trio americano. Ma non c’è niente da fare. Si va avanti spediti con The One I Love, Dripping, Spring and by Summer Fall, mantenendo quasi lo stesso mood e lo stesso atteggiamento anche con le successive Melody e Defeatist Anthem (Harry and I). E così ne esce fuori un concerto gradevole ma non entusiasmante, con una Kazu Makino non in splendida forma ma – fortunatamente – con i gemelli Pace (Simone e Amedeo) che, tra suoni elettrici e sintetizzati, non perdono un colpo, o quasi. In chiusura arrivano Violent Life e 23 a dare una scossa alla serata, ma non bastano. Chissà, forse il ricordo di Melody of Certain Damaged Lemons risuona ancora troppo forte nelle nostre menti e nei nostri cuori. Alla prossima! (La redazione – Ciampino, 25.05.2015)

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