Recensione: Tempi Duri – Canzoni Segrete (2015)

Con un nome così, i Tempi Duri di Carlo Facchini, Loby C. Pimazzoni, Marco Bisotto e Cristiano De André non potevano scegliere periodo migliore (pardon, peggiore) per tornare sulla scena musicale italiana. Prodotti più di trent’anni fa dalla Fado di Fabrizio De André e Dori Ghezzi, il gruppo ha deciso di rompere questo lunghissimo silenzio per dare finalmente un seguito a quell’esordio del 1982 intitolato Chiamateli Tempi Duri. Un seguito che prende il titolo di Canzoni Segrete e che racchiude tredici tracce che probabilmente sarebbero potute arrivare già tantissimi anni fa se Facchini (voce e autore di gran parte dei brani) non fosse stato costretto a partire per il servizio militare di leva, evento che di lì a breve, esattamente nel luglio del 1985, avrebbe provocato lo scioglimento della band. Da allora però di ricordi e di sentimenti ne sono passati tanti, così come quella gloria effimera fatta di interviste e apparizioni televisive che tanto sembrava voler dare alla formazione italiana svanita poi nel nulla. Un vuoto che soltanto ora viene colmato grazie a queste “canzoni segrete” in bilico tra rock e musica d’autore che, pur non dicendo nulla di nuovo, riescono a parlare – con delicatezza e trasporto – di amore e delle sue diverse forme. Un album tutto sommato anacronistico, ben arrangiato, fatto di belle melodie e che, visti i tempi duri, consiglio vivamente a tutti quelli che non riescono a fare a meno di ascoltare la musica leggera italiana, le radio commerciali e il Festival di Sanremo. (Flurry)

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