Non poteva esserci giorno migliore per ascoltare nuovamente Abyss di Chelsea Wolfe. Piove a dirotto e fa freddo. Chiunque nella propria esistenza cresce, si forma, si plasma. Chelsea sta bene, è cupa al punto giusto, industriale, doom-atica e fascinosa come mai. Ne abbiamo ascoltate di solfe, di pseudo solfe, di belle cose, di cose interessanti, ma a oggi Abyss è tra le cose più belle del 2015. Un album forte, graffiante, urlato, impegnato nei suoni e nei testi. Iron Moon narra la triste vicenda di un operaio cinese suicida, ucciso da un sistema alienante, una canzone di disarmante potenza. Ascoltando Dragged out e la sua cavernosità, focalizziamo l’attenzione su un aspetto: sound e riff claustrofobici, sicuramente tra i migliori esempi della storia del doom, senza indugi. Aver letto, svariato tempo fa, della produzione targata John Congleton (Swans) aveva solo alimentato maggiormente la mia voglia di ascoltare questo album in cui gli Swans sembrano spiare l’incantevole Chelsea che, con grande sfrontatezza, è capace di guardarli dritti negli occhi, ma senza sfidarli. Grey Days è la traccia più eterogenea del disco, dove l’industrial abbraccia il gothic rock caro in passato alla cantautrice statunitense. After the fall è il pezzo che Bjork non ha mai scritto, forse per noia, mentre Chelsea Wolfe estrae dal cilindro una canzone manifesto di puro ethereal wave: un pezzo di rara bellezza fatto di riverberi e delay sparati mai a caso in un turbinio meraviglioso di suoni. In Survive invece il giro di chitarra ipnotico scandisce bene la pioggia, quasi da sembrarne un surrogato. Chiude infine l’album The abyss, una perla dalle visioni cinematografiche che ha il cuore di Bela Lugosi e l’anima di Wes Craven. Un disco da ascoltare preferibilmente nei giorni di pioggia. (Giovanni Aragona)
✓ MUSICLETTER.IT © Tutti i diritti riservati - 30 Ottobre 2015