Il successo di un brano non è quasi mai legato solo alla musica, cioè a una questione puramente melodica. Ci sono state sicuramente nella storia dei pezzi puramente strumentali che hanno raggiunto la celebrità, ma in tempi più moderni e recenti alle sette note nude e crude occorre qualche cosa in più. Fate voi stessi la prova: richiamate alla memoria le “arie” o musiche più note, o facilmente riconoscibili. Ebbene, scoprirete che quasi tutte sono colonne sonore di film famosi: Il Padrino, Il Signore degli Anelli, Odissea nello Spazio, Per un pugno di dollari, Il Buono, il Brutto e il Cattivo solo per citarne qualcuno.
La colonna sonora, rispetto alla melodia semplice, si avvantaggia del supporto delle immagini che riescono a renderla più suggestiva e memorabile: esse rimangono impresse perché la memoria dell’uomo medio è molto più portata a ricordare i suoni associati alle immagini, che non i suoni “da soli” (a questo fanno ovviamente eccezione le persone dotate di una strepitosa memoria musicale, ma si tratta di eccezioni!). Ci possono essere delle colonne sonore composte da brani esistenti e colonne sonore originali, come quelle sopra citate, che, per la legge sul diritto d’autore, sono considerate opere dell’ingegno a se stanti rispetto all’opera cinematografica.
Quella sulle colonne sonore è un’eccellenza tutta italiana: è al compositore romano Ennio Morricone che dobbiamo le colonne sonore di pilastri della cinematografia mondiale quali Mission, Gli intoccabili, Nuovo Cinema Paradiso e C’era una volta in America. È di pochissimi giorni fa la vittoria ai Golden Globe (conseguita a 87 anni!) per la colonna sonora di The hateful eight di Quentin Tarantino. Secondo una classifica redatta da Rockit.it risalente al febbraio 2013, queste colonne sonore fruttavano a Enni Morricone un milione di euro l’anno, molto di più di quanto guadagnino cantanti pop quali Biagio Antonacci, Claudio Baglioni, Francesco De Gregori, Gianna Nannini ed Eros Ramazzotti.
Ma la musica non rende solo un film memorabile: aiuta anche a vendere. È il caso degli spot televisivi, dove il ricorso a brani celebri ha sicuramente un forte impatto in termini di riconoscibilità e identificazione del consumatore con il prodotto oggetto dello spot. Basti pensare al miracolo di svecchiamento del marchio compiuto da Fiat nel 2005: il lancio della Grande Punto fu preceduto da un fortunatissimo spot, realizzato dall’agenzia allora chiamata STV. Il punto di forza non era la regia, peraltro piuttosto scarna, ma la canzone in sfondo: si trattava di Senza parole di Vasco Rossi, un pezzo in grado di tenere attaccati allo schermo gli spettatori per tutti e 45 i secondi dello spot. (Fonte: Menford Media)
✓ MUSICLETTER.IT © Tutti i diritti riservati - 15 Gennaio 2016