Carlo Massarini ci parla della chiusura del programma «Ghiaccio Bollente» e dello stato della cultura musicale in Italia.
Ormai conosciamo tutti la triste vicenda della chiusura di Ghiaccio Bollente e della successiva petizione lanciata sul web che, in qualche modo, ha spinto anche il deputato Michele Anzaldi, membro della Commissione di Vigilanza Rai, a fare una riflessione sullo stato della musica in Italia.
Abbiamo, quindi, raggiunto al telefono Carlo Massarini per farci dire qualcosa in più a distanza di un mese dalla conclusione del suo programma musicale. Buona lettura. (La redazione)
Intervista a Carlo Massarini © di Luca D’Ambrosio
Allora, Carlo, come prosegue la vicenda della chiusura di Ghiaccio Bollente? Ci sono novità?
Nessuna novità da parte della Rai. Per quanto ne sappia io, il programma è stato cancellato.
Nessun margine di trattativa, di speranza…
Francamente non ho notizie. Finora nessuno ci ha contattato. So soltanto che il 19 gennaio è uscito un articolo su L’Unità da parte del deputato Michele Anzaldi, membro della Commissione di Vigilanza Rai, che riproponeva il problema della musica in televisione, non solo legandolo a Ghiaccio Bollente – di cui citava la petizione – ma anche riguardo a David Bowie e in generale alla copertura di eventi musicali fatta da un Broadcaster importante come la Rai. Vedremo, quindi, se l’interrogazione parlamentare avrà delle risposte. Quello che posso dirti è che la petizione invitava anche a una riflessione da parte del Direttore Generale su un eventuale cambio di Rete (Rai 3, Rai 2…) e fascia oraria del programma per dare a tutti la possibilità di vederlo. Un potenziamento, invece di una chiusura. Questa, dal mio punto di vista, sarebbe la migliore soluzione finale.
Torniamo alla petizione su Change.org che è andata oltre ogni più rosea aspettativa. Immaginavi una reazione simile da parte del pubblico della rete, della stampa e non per ultimo di un membro del Parlamento?
Sinceramente su #saveGhiaccioBollente non mi aspettavo una reazione del genere. Sono rimasto molto sorpreso, perché i numeri sono stati tanti e soprattutto immediati. Abbiamo raccolto 20.000 firme nei primi cinque giorni, che è una cifra davvero molto importante per una petizione su un tema che non sia di salute pubblica piuttosto di emergenza, ma su un fattore culturale. La risposta mi è sembrata molto forte, segno che la musica è importante, e per un grande numero di persone.
Vuol dire quindi che nel Paese c’è anche una forte esigenza di cultura? Una cultura musicale che, nello specifico, sappia essere anche alternativa?
Diciamo che c’è voglia di cultura musicale, e anche di cultura in generale. Quello che è emerso subito da questa petizione (che è ancora aperta, su change.org) e dai messaggi postati anche sulla mia pagina Facebook è che c’è voglia di qualità. Una fetta abbastanza consistente del Paese ha la necessità, l’urgenza, di non appiattirsi sulla programmazione ordinaria che propone sempre gli stessi cantanti e la stessa musica, e invece ha voglia di continuare a vedere e ascoltare delle cose diverse e che non conosce. Purtroppo in Italia c’è sempre un certo provincialismo nell’affrontare determinati argomenti. Per esempio, è piuttosto assurdo, viste le circostanze, che non sia stato fatto in orari deputati uno speciale su David Bowie raccontando bene chi è stato, cosa ha rappresentato non solo come musicista ma anche come artista a 360°. Nessuno che abbia scavato un po’ dietro la maschera, che abbia raccontato che il suo vero messaggio per 40 anni è stato un messaggio concettuale, di reinvenzione quotidiana. Ecco, sono anche queste le cose di cui un canale nazionale, pagato oltretutto dai cittadini attraverso il canone, dovrebbe occuparsi. Del resto non sono il primo a dirlo, lo hanno detto un po’ tutti.
Cosa ti ha sorpreso positivamente di questa vicenda?
Devo dire che, al di là degli attestati di affetto e stima personali da parte di gente che mi segue anche da 30-40 anni, ciò che mi ha fatto molto piacere è l’apprezzamento verso il lavoro fatto nel passato e verso una trasmissione televisiva che parlava di musica in una maniera approfondita e – lo possiamo dire? – culturale. Cosa che non c’è da nessuna parte in Italia.
Cosa, invece, ti ha lasciato l’amaro in bocca?
La mancanza di dialogo con i Dirigenti. Io non sono triste perché Ghiaccio Bollente sia finito, la chiusura di un programma in questo mestiere fa parte del gioco, se ne parla, si capiscono le ragioni e magari si ragiona su come farne uno migliore in futuro. Però mi dispiace per Ghiaccio Bollente perché dopo tanti anni ero riuscito a portare in video una formula interessante, coniugare lo storico con il moderno. Era il programma che volevo realizzare da sempre. E questo taglio molto eclettico (rock, blues, jazz, classica, tutta la musica) aveva avuto un riscontro forte sia nei telespettatori che fra gli artisti stessi, italiani e stranieri.
Prima facevi cenno all’importanza di David Bowie. Nonostante ciò, però, nel nostro Paese ci tocca sentire e guardare, in prima serata e sul canale principale, uno speciale dedicato ad Al Bano, così, tanto per cambiare musica. Mi chiedo: perché non siamo in grado di cambiare, di fare qualcosa di diverso? Ogni tanto, dico.
Perché, come ti dicevo prima, siamo (beh, sono) provinciali. Perché non c’è una visione alta della musica come cultura contemporanea, questo è il vero problema. Abbiamo solo una visione bassa, popolare e di grandi numeri. Preferiscono un certo tipo di pubblico anziché un altro, quando in realtà in televisione si dovrebbe dare spazio a tutti, perché c’è un pubblico che adora Al Bano e un pubblico che invece cerca una proposta culturale e musicale diversa, e quest’ultimo è quasi sempre disatteso.
Paradossalmente c’era più spazio in passato. Penso a Discoring, Mr. Fantasy, D.O.C., Notte Rock, giusto per fare qualche nome, mentre ora ci sono i talent show come X Factor, Amici, Ti lascio una canzone, Italia’s Got Talent… Ecco, mi sembra di capire che, anziché fare un passo indietro, si sia fatto un salto nel vuoto! Secondo te, come si potrebbe raddrizzare questa situazione?
Sì, sicuramente, in passato ci sono stati dei momenti in cui c’era più spazio per la musica. Per raddrizzare questa situazione, a mio avviso, basterebbe differenziare l’offerta, introdurre nuove tecnologie social come le App per creare prodotti diversi, che possano essere fruiti in maniera diversa. Svecchiare, che non è un fatto di età ma di spirito, e aprire a musiche che non siano solo pop da classifica. Ricordarsi che è un Servizio Pubblico.
Be’, prima di salutarti, una domanda è d’obbligo: ti rivedremo presto in TV?
Spero proprio di sì, ma allo stato attuale non saprei dirti né dove né quando. Mi piacerebbe fare un altro programma che parta dall’esperienza di questo e vada oltre. Chissà. Per ora, intanto, sto finendo di scrivere il mio nuovo libro, “Absolute Beginners”, tratto dal primo anno di pillole di Virgin Radio, che dovrebbe uscire a maggio prossimo.
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