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Recensione: Iggy Pop – Post Pop Depression (2016)

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Gardenia era uno dei più bei pezzi dei Kyuss. L’ultimo dei regali fatti da Brant Bjork a Josh Homme e i suoi amici. Gardenia è il titolo del pezzo che ha aperto la strada al nuovo atteso album di Iggy Pop, l’ultimo mattone rimasto in piedi fra le rovine di un intero modo di intendere e vivere il rock‘n’roll. È solo una coincidenza, ovviamente. Solo che io amo le coincidenze. Ci ho costruito sopra metà della mia vita, sulle coincidenze. L’altra metà l’ho affidata ai piani e ai programmi, ed è quella che mi è crollata addosso. Iggy ha usato più o meno la stessa miscela. Programmando rientri in scena ed affidando alla sorte buona parte della sua vita, anche quella privata. Oggi, sfiorita l’infatuazione per la canzone francese, torna a noi con questa nuova sindrome di depressione, esattamente a metà strada fra la malinconia di tempi che non torneranno (German Days), il senso di precarietà che la scomparsa di Bowie ha esasperato (“non mi resta nient’altro che il mio nome”, recita avvolto dai vibrafoni che già furono di China Girl) e la voglia di dire addio.

Accanto a lui, proprio quel Josh Homme dei Kyuss che, trascurati per un attimo gli impegni con le “Regine”, si mette al servizio del Re. Per un disco che non è il ritorno al rock sanguigno che l’inedita accoppiata poteva lasciar supporre. Post Pop Depression indugia infatti in quell’eleganza da crooner che Iggy insegue da sempre e che da Avenue B in poi ha preso il sopravvento sul lato più autodistruttivo delle sue vite precedenti. Homme lo asseconda accompagnandolo senza mai strafare ma senza snaturare il proprio stile (i suoi riff sbriciolati fanno capolino su Sunday, German Days, Gardenia, Break into Your Heart, sul finale a sorpresa di Paraguay), lasciandosi bagnare dagli umori di Iggy Pop, ora esposti al freddo teutonico, ora desiderosi di esporsi alla polvere del deserto californiano come nella splendida Vulture che sarebbe stata bellissima nelle mani di Stan Ridgway ed è bellissima uguale nelle sue. Un disco avvolto e divorato dalle ombre. Finanche quella imperiosa della morte. Iggy Pop e il suo Blackstar. Chinare il capo, quando passa l’ultimo dei Sadducei. (Franco Dimauro)


✓ MUSICLETTER.IT © Tutti i diritti riservati - 14 Marzo 2016

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