Il mercato musicale globale nel 2015 ha posato una pietra miliare con il comparto digitale che diventa la prima fonte di ricavi per la discografia, superando per la prima volta i ricavi derivati dalla vendita dei formati fisici. I ricavi digitali rappresentano attualmente il 45% dei ricavi totali, mentre il fisico ne rappresenta il 39%.
Il Global Music Report 2016 di IFPI registra una crescita del 10.2% dei ricavi digitali (6.7 miliardi di dollari), con un aumento dello streaming del 45.2%, più che compensativo del declino registrato invece dal download e dal fisico. I ricavi totali del settore sono aumentati del 3.2% fino a raggiungere 15 miliardi di dollari, registrando un trend positivo di crescita per la prima volta in quasi venti anni. Attualmente i ricavi digitali rappresentano più della metà del mercato musicale in 19 mercati nel mondo. Tuttavia, c’è un punto di debolezza alla base di questo recupero: la musica viene attualmente consumata con livelli record, ma questa esplosione di consumi non determina una proporzionata remunerazione per gli artisti ed i produttori. Questo a causa di una distorsione del mercato creata dal “value gap”, che sta privando artisti ed etichette del giusto compenso per il proprio lavoro.
Frances Moors, Chief Executive di IFPI, ha dichiarato: “Dopo venti anni di declino quasi continuo, il 2015 è testimone di un momento storico per la discografia: i ricavi crescono nel mondo, il consumo di musica impazza ovunque e i ricavi digitali per la prima volta diventano protagonisti. Questi riflettono il lavoro di adattamento che il settore musicale ha praticato in un momento di fortissima digitalizzazione permettendogli di riemergere ora più forte e capace. Dovrebbe trattarsi di una notizia molto positiva per i produttori musicali, gli investitori ed i consumatori. Eppure ci sono valide ragioni per contenere i festeggiamenti: semplicemente i ricavi, vitali per ogni tipo di investimento sul futuro, non vengono ridistribuiti correttamente ai detentori di diritti. Il messaggio è chiaro e arriva dalla comunità musicale completa: il value gap è il più grande ostacolo per la crescita dei ricavi di artisti, produttori e aventi diritto. È necessario un cambiamento, le istituzioni devono comprendere che il settore musicale guarda verso un cambiamento notevole e significativo”.
ITALIA
Nel 2015, il mercato discografico italiano è cresciuto con un incremento del 21% secondo i dati raccolti da Deloitte per FIMI, e un fatturato di 148 milioni di Euro al sell in. Il segmento digitale rappresenta il 41% del mercato. L’innovazione è in particolare guidata oggi dallo streaming, con servizi come TIMmusic, Spotify, Apple Music, Google Play e Deezer, che trascinano i servizi in abbonamento, soprattutto premium, con un +63% (e che rappresentano il 45% del digitale). Alla crescita dello streaming ha fatto da contraltare il declino del download sceso del 5%. Ma il vero successo del 2015 è rappresentato da una decisa ripresa del mercato fisico, con il “vecchio” cd musicale che ha generato ricavi per oltre 88 milioni di euro e una crescita del 17%, grazie ai risultati del repertorio italiano che ha dominato le classifiche degli album nel 2015.
GLOBAL MUSIC REPORT HIGHLIGHT
Il Global Music Report 2016 evidenzia lo stato del settore discografico nel mondo e sottolinea gli ambiti di innovazione e gli investimenti contemplati in questo settore man mano che si avanza nell’era digitale. Lo streaming resta la fonte di ricavi che cresce più velocemente. I ricavi sono cresciuti del 45.2% fino a raggiungere i 2.9 miliardi di dollari e sono quadruplicati negli ultimi 5 anni. Sostenuto anche dalla diffusione degli smartphone e dalla crescita di servizi in abbonamento di alto livello, lo streaming rappresenta il 19% dei ricavi dell’industria globale, mentre nel 2014 rappresentava il 14%. Lo streaming corrisponde attualmente al 43% dei ricavi digitali ed è prossimo al superamento del download (45%) per diventare così l’industria primaria per i ricavi in digitale. I servizi premium in abbonamento si sono fortemente espansi negli ultimi anni e si stimano oggi 68 milioni di utenti paganti. Questo dato è in aumento rispetto ai 41 milioni registrati nel 2014 e i soli 8 milioni di utenti del 2010. Il download resta un’offerta significativa, rappresentando il 20% dei ricavi totali. Si registra un lieve declino del 10.5% (3 miliardi di dollari). La maggior parte dell’esperienza dei consumatori è ancora rivolta al download di interi album rappresentando un valore di 1.4 miliardi di dollari. Di più delle vendite registrate nel 2010 (983 milioni di dollari) e nel 2011 (1.3 miliardi di dollari). I diritti connessi sono in crescita. I ricavi generati attraverso l’utilizzo di musica dai broadcaster e dalle location pubbliche è aumentato del 4.4% e ha un valore di 2.1 miliardi di dollari restando una delle fonti di ricavo più consistenti. Questa forma di ricavo rappresenta infatti, al momento, il 14% dell’industria nel mondo, nel 2010 rappresentava il 10%. I ricavi dalla vendita del fisico sono calati, sebbene meno che negli scorsi anni, questo comparto ha perso il 4.5% (l’8.5% nel 2014 e il 10.6% nel 2013). Rappresenta comunque il 39% del mercato e resta l’ambito preferenziale di consumo per utenti di molti mercati nel mondo tra cui Il Giappone (75%), la Germania (60%) e la Francia (42%).
IL VALUE GAP
L’emergere della problematica del “value gap” deriva dal fatto che alcuni principali servizi digitali sono in grado di aggirare le normali regole che si applicano alle licenze musicali. Le piattaforme che offrono servizi di caricamento da parte degli utenti affermano di non dover negoziare alcuna licenza per la musica messa a disposizione o sottoscrivere licenze a livelli artificialmente ridotti, richiamando la regole sull’assenza di responsabilità (safe harbour) che vennero introdotte alle origini della rete internet in Europa e Stati Uniti. È possibile scaricare il report qui. (Fonte: IFPI / F.I.M.I.)
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