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Recensione: The Scientists – A Place Called Bad (2016)

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Bello sapere che gli Scientists non sono stati dimenticati. Bello sapere che, nonostante non incidano un solo solco inedito da ormai sei lustri, ogni due, quattro, cinque anni venga pubblicata una loro “foto ricordo” tanto che le raccolte hanno di gran lunga scavalcato il numero di dischi ufficiali prodotti dal gruppo nella sua carriera. L’ultima in ordine di tempo è quella pubblicata dalla Numero Group che raccoglie tutto quanto registrato in studio dalla band australiana e una finestra sui tempestosi live-set dei primi anni.

Una carrellata esaustiva che permette di rivalutare anche la primissima e da molti trascurata prima fase della carriera del gruppo di Adelaide, quella antecedente allo storico e fangoso Blood Red River e che, serpeggiando fra punk e power-pop, si poneva come una sostanziale alternativa australiana al suono dei Replacements ma anche come un’ottima, credibile, possibile evoluzione del suono dei primi Vibrators e dei primissimi Cure. Poi ci sarebbe stata la (ri)scoperta del blues e il tentativo degli “scienziati”, riuscito, della transustanziazione delle acque di palude in sangue e la storia degli Scientists sarebbe diventata quella che ancora oggi fatichiamo a toglierci di dosso. Con sommo piacere. (Franco Dimauro)

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✓ MUSICLETTER.IT © Tutti i diritti riservati - 21 Ottobre 2016

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