Al quarto album il duo palermitano ha deciso di camminare sulle ortiche. Pubblicizzare l’arrivo del nuovo disco strombazzando la collaborazione con Piero Pelù è infatti una di quelle operazioni atte a dividere in fazioni già prima di aver ascoltato i risultati. Che è, peraltro, uno degli sport più praticati in Italia.
Del resto “consegnarsi” fra le mani del Piero nazionale dopo averlo visto difendere un’idea pacchiana del ruoock tra i giurati di un talent o dentro dischi orribili come gli ultimi dei Litfiba è una scelta che può compromettere risultati e giudizi. Oppure patrocinare l’affacciarsi de Il Pan del Diavolo sulla mal frequentata scena overground, dopo anni di gloriosa presenza sotterranea. Io propenderei per questa seconda ipotesi, visto che la coppia siciliana ha di fatto reso via via sempre meno “scheletrica” la formula inaugurata ormai sette anni fa da Sono all’osso e, grazie a “qualche piccolo aiuto dagli amici” e a una manciata di mangime, rimpolpato la propria musica fino a renderla simile a certi polli belli gonfi che trovi sul banco carni del supermercato.
Certo, l’aria ruspante dei primi anni è bella che andata, così come certe atmosfere da saloon fatiscente che si sprigionavano dal disco più recente (ora imprigionate nella riserva di Messico, ammorbate però da uno dei testi peggiori finora scritti dalla band) e, sarà di certo suggestione, ma lungo il percorso certe inflessioni vocali sembrano voler fare il verso al Pelù nascosto tra i cactus di Tex e Cangaceiro, cercando di trasformare Il Pan del Diavolo nel Pan del Diablo, senza riuscirci. (Franco Dimauro)
allowfullscreen>
✓ MUSICLETTER.IT © Tutti i diritti riservati - 21 Febbraio 2017