È stato pubblicato il 24 febbraio 2017 il primo album da solista del bassista e compositore emiliano Pier Bernardi, già al lavoro con Mike Campese, Darren Ashford (Black Eyed Peas, Sean Paul, Will Smith, Joss Stone), Paul Gilbert (Mr.Big) e Dave Holmes (Brian May and Roger Taylor).
Il disco, interamente strumentale e dal significativo titolo Re-Birth, segna proprio una rinascita artistica e personale di Pier e si snoda lungo un percorso che prova a trasformare in musica sentimenti interiori e riflessioni personali. Attraverso la musica quindi, e senza le parole, Pier ci racconta la sua vita (giovane ma di certo non semplice) e le sue emozioni, in cui comunque ognuno di noi può ritrovarsi.
Le dieci tracce del disco godono della collaborazione di grandi artisti internazionali come Ace (Skunk Anansie) alla chitarra e Michael Urbano (Sheryl Crow, Ligabue) alla batteria, oltre che del prezioso cameo di Davide Rhodes (Peter Gabriel), Paolo Vinaccia e Roger Ludvigsen nel primo singolo “Grace”. La produzione artistica è di Giovanni Amighetti per Arvmusic, mentre le registrazioni sono state affidate al Dudemusic Studio di Stefano Riccò.
In un periodo di radicale rivoluzione dei sistemi di comunicazione, dei significanti di spazio e tempo, e dei concetti di vicinanza e lontananza, Bernardi ha voluto sottolineare come la musica possa essere un collante per tenere unite culture, suoni e soprattutto persone. Questa visione è emersa innanzitutto attraverso l’incontro in studio con musicisti provenienti dalle parti più disparate del mondo (Regno Unito, Lapponia, Norvegia e Stati Uniti), tutti riuniti al Dudemusic Studio in Italia. Nel corso della lavorazione, Bernardi ha lasciato piena creatività ai musicisti, dirigendoli insieme al produttore del progetto, Giovanni Amighetti, anch’egli musicista nel disco per tutte le parti di synth.
Re-birth intreccia il vissuto dell’artista con il paese reale, un binomio che attraversa tutto l’album e che Bernardi ha voluto esplicitare sia attraverso la musica sia attraverso i titoli scelti in una ridondanza che assume significato via via durante l’ascolto. In questo senso la musica di Bernardi è interpretativa del mondo esterno ed espressiva di un mondo interno, quello dell’artista che non lesina nulla di se stesso filtrando il suo vissuto senza paure e traducendolo in musica per tutti. Musicalmente tutto ciò si traduce in qualcosa di completamente nuovo anche perché lo strumentale di Bernardi ricorda molto la sinfonia dei temi ripetuti del Morricone sperimentatore di suoni e arrangiamenti più moderni che classici, non scadendo mai nel banale.
L’album è un’opera rock che strizza l’occhio alla musica contemporanea. Le riprese e le tecniche di registrazione in certi brani come “Grace” sembrano sessioni di prova ma il risultato è qualcosa di estremamente autentico che mancava da veramente troppo tempo nella musica degli ultimi anni, dove i suoni, i volumi perfetti e il metodo di registrazione sono già d’attrattiva per l’orecchio quantomeno come la musica stessa. Come bassista non c’è niente da dire, può essere tranquillamente considerato una delle promesse e delle sicurezze del basso italiano non solo per una tecnica molto raffinata e precisa ma anche per le doti compositive che lo contraddistinguono.
Un suono forte, con un fraseggio solido e deciso, poetico e leggero laddove la musica lo permette, ma mai fuori tema. La solidità sul bpm e l’originalità delle ritmiche su qualsiasi tempo e fill sono sicuramente il suo punto di forza. Turnista da 150 concerti l’anno in Italia e in tutta Europa, il curriculum di Bernardi è pieno di importanti collaborazioni italiane ed estere accumulate soprattutto in questi ultimi 4 anni di intenso lavoro. Dirige inoltre un’accademia di musica moderna ed è direttore di uno studio di registrazione nella sua Farmville che ha chiamato Connektica. (Fonte: Sfera Cubica)
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