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Recensione: Il Grido – S.T. (2017)

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Quando si parla di alternative rock in Italia personalmente ritorno ai primi dischi dei Litfiba e non tanto per una questione di genere (perché probabilmente sarebbe opinabile questo concetto e a ragione anche) ma più per un moto nostalgico verso un’epoca che di alternative aveva molto altro oltre alla musica.

Ebbene l’esordio dei romani Il Grido con questo disco omonimo in cui troviamo 11 inediti è certamente un modernissimo dizionario di rock alternativo, dove si torna a sentir suonare davvero ogni singolo strumento e dove fanno rumore anche le dita. Il Grido è un lavoro verace che certamente si contamina nella produzione anche di elettronica a gocce, come se fosse l’ingrediente segreto.

Il resto del nucleo portante è musica che vien fuori dalla vene e fa male alla pelle: controcultura sociale e bisogno di dar sfogo alla rabbia sono racchiusi tutti insieme in un album che promette fuoco e fiamme fin dalla copertina. Forse mancano grandi singoli, anche se Amsterdam (Hai una cura per me?) sembra essere davvero il “pezzo” del disco.

E se la trasgressione si spinge verso gli estremi, come nel brano di chiusura Cane sciolto, è Con un soffio a concedere una sosta aprendosi verso una ballad rock dal sapore internazionale ma dalle scarse pretese. E poi c’è Lividi che sembra custodire l’energia di chi ha aspettato il weekend per mettersi finalmente in viaggio, mentre Gospel per Chinaski racchiude un discreto sex appeal.

Di base Il Grido è un disco per chi soffre di pressione bassa, con dei brani che si somigliano e che, forse, avrebbero dovuto avere maggiore personalità. Oppure sono io che ho perso l’abitudine di ascoltare un certo tipo di rock alternativo. (Alessandro Riva)


✓ MUSICLETTER.IT © Tutti i diritti riservati - 13 Aprile 2017

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